Band giusta nel momento sbagliato. I Green On Red erano troppo retrò ed orientati al recupero delle radici per la metà degli anni 80 e troppo in anticipo per poter conseguire il successo che negli anni 90 raccoglieranno i paladini dell’Alternative Country come Wilco, Uncle Tupelo e Son Volt .

Dopo aver sfornato nel 1985 una prova magistrale come Gas, Food, Lodging, l’anno successivo è la volta dell’EP No free Lunch che sposta il baricentro della band ancor più decisamente verso il Country.

No Free Lunch è il vagare erratico attraverso la polvere del deserto, verso lo sconfinato orizzonte, tra stazioni di rifornimento, motel da pochi dollari a notte, birra calda e whiskey di infima qualità ed i Green On Red non sbagliano una nota, non compiono passi falsi, suonano alla perfezione canzoni nitide e di ottima fattura, cantate con voce insolitamente chiara e forte da un Dan Stuart ispirato. L'apertura di "Time Ain't Nothing" è fresca come la brezza del deserto all’alba. Evoca un tempo - quello della giovinezza - di innocenza e di ottimismo che si smarriscono da qualche parte, lungo la strada, come dimostra la superba contrapposizione di "Honest Man" in cui un contadino è schiacciato dal peso dei debiti e dall'inarrestabile cammino del progresso. Assolutamente impressionanti sono poi il piglio country/Hillbilly della Title track ed i capolavori del disco, ossia la rilettura di uno standard country come "(Gee Ain't It Funny How) Time Slips Away" di Willie Nelson - con un arrangiamento collocato tra Dylan e gli Stones - e la epica e dolorosa ballata western "Jimmy Boy", in cui la raffinata tecnica chitarristica di Chuck Prophet si combina alla perfezione con l’organo di Cacavas e con la voce rabbiosa e disperata di Dan Stuart. Nella versione CD è inclusa come bonus track anche una incredibile versione, lunga oltre tredici minuti, del classico di Howling Wolf, “Smokestack Lightning”, con la splendida chitarra solista di Prophet che insegue il pianoforte honky tonky di Cacavas finché non entra in gioco l’organo doorsiano che impone un “trattamento” psichedelico, come mai questo classico blues l’aveva ricevuto. Imperdibile.

No Free Lunch è un disco di bellezza adamantina che prelude ad un ulteriore cambio di rotta che si manifesterà con il successivo The Killer Inside Me, in cui Stuart traghetterà la band verso nuovi territori dove la psichedelia sixties degli esordi sarà relegata in spazi angusti e le storie narrate si faranno sempre più amare e maledette. Ma questo ulteriore cambiamento imposto dalla leadership Stuart-Prophet indurrà Cacavas, Waterson ed il batterista McNicol all’ammutinamento e all’abbandono della nave, ormai diretta verso porti troppo lontani da quello da cui si era salpati.

I nuovi Green on Red, ridotti ai soli due banditi Stuart e Prophet, affascinati dal mito della fuga come Butch Cassidy e Sundance Kid, confezioneranno un pugno di ottimi album e qualche struggente ballata crepuscolare che odorano di deserto, di whiskey e di polvere da sparo e che ci parlano di un’America marginale fatta, per parafrasare Joe Landsdale, di tramonti e polvere.

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