Gary Ridgway strangolava le sue vittime (tutte prostitute) e dopo aver dato sfogo alle sue manie da Serial Killer, le abbandonava alla corrente di un fiumiciattolo che scorreva nei pressi di Seattle (Stato di Washington), il Green River.
Le performance di quest’ultimo colpirono anche il cervello anfetaminico di un giovane aspirante rocker della città dei Boing. Il proprietario di quel cervello è Mark Arm e la musica che aveva in mente, doveva creare uno stato di asfissia e inquietudine, a tratti di vera e propria psicosi (Gary Ridgway ne sarebbe stato fiero).
Sul finire del 1983, insieme a Stone Gossard, Jeff Ament, Steve Turner ed Alex Vincent, scelse per la band il nome Green River, dall’omonimo Serial Killer. Gli Usa dei primi anni ’80 non erano certo un “Paese per giovani”, in California e sulla East Coast regnava l’Hardcore, il Midwest era da sempre il figlio di un Dio minore e da sempre aveva prodotto musica incazzata, per giovani incazzati e dimenticati dalla società. Il nord ovest ribolliva e di li a poco, i giovani di Seattle avrebbero rinverdito i fasti sixties del garage – rock targato Sonics.
Gli apripista di questa schiera di giovani disadattati, sporchi, rozzi e senza futuro, in una parola “Grunge kids”, furono proprio loro: i Green River. L’Ep (edito dalla Homestead) ha il merito di uscire alcuni mesi prima della leggendaria compilation “Deep Six” (edita dalla altrettanto leggendaria C/Z Records), vero e proprio manifesto del nascente Seattle Sound (dove per altro compaiono con due pezzi anche i Green River); per questo, “Come on Down” ha un valore storico non da poco (analizzato con il senno di poi), chi ascoltò il disco allora, si trovò di fronte alla nascita di quello che sarebbe stato definito, forse impropriamente, Grunge.
L’intento dei cinque è presto rivelato. Bastano i primi 30 secondi della title-track. Il pezzo è introdotto da un suono in feedback lancinante e il “Wow” gridato da Mark Arm dà fuoco alle polveri. Le grida di Arm, il riff circolare di Gossard e il solo finale di Turner, rendono questo pezzo il vero capolavoro del gruppo. Il registro sonoro della band è un condensato di Garage, a metà strada tra gli Mc5 di Detroit e gli Electric Eels di Cleveland, con venature Hard–rock. Una sensazione di inquietudine introduce i primi secondi di “New God”, fino all’esplosione sonora che accompagna l’immancabile cantato sguaiato di Arm. “Swallow my Pride” (ripubblicato e riarrangiato sul successivo “Rehab Doll”) è uno street rock degno delle produzioni successive (con i Mother Love Bone) della coppia Gossard – Ament. “Ride of your Life”, inizia come il più classico dei pezzi Hardcore, per poi aprirsi allo schema del piano/forte che farà le fortune dell’epopea Grunge. “Corner of my Eye” è un pezzo dal sapore Heavy. La conclusiva “Tunnel of Love” apre a sonorità doom; è una cavalcata che riassume il suono dell’intero Ep.
Nel complesso, il disco non è certo un capolavoro, si tratta di un lavoro acerbo. Sia la coppia Arm - Turner (Mudhoney), che quella Gossard – Ament (Mother Love Bone, Pearl Jam) realizzeranno prove di spessore musicale maggiore. Indubbiamente però, il disco segnò il solco dentro il quale confluirono tutti i gruppi della futura scena di Seattle.
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