"D.A.M.N." a dire il vero non è più proprio attualissimo (1996), ma è un album talmente mostruoso e bizzarro, che lo vedo già rivalutato, perlomeno se associato alle recenti teatrali comparse "horror-glam" di Marylin Manson e Co.
Questi fanno paura davvero.

Cominciamo dall’identità della band: "Sensationell" come direbbe S. Raab: Datsu alla batteria, Daisaku al basso e Monzawa alla chitarra e voce, ovvero i mitici Greenmachine, sono giapponesi.
La copertina è orribile, violenta e disgustosa, esattamente quello che si chiede ad un album da collocare nel metal più tenebroso e pesante. E il loro sound eccentrico è brutale, a tratti molto doom per poi esplodere in disperate urla squarciagola e terrorizzanti riff grindcore. Ricordano tantissimo i primi Cathedral e Entombed e le loro tipiche distorsioni.

L’album mi piace ancora oggi, poiché il ruolo della "voce" è, per fortuna, prettamente secondario, rendendolo più orecchiabile e forse vagamente coerente alla linea tradizionale della Man’s Ruin Records, più vicina allo stoner che al death metal.
"D.A.M.N" è strano, è un oggetto di culto: la qualità di registrazione è molto grezza e nonostante questo, il suono è complessivamente più amplificato, sembra quasi che da un momento all’altro le casse possano esplodere nonostante i volumi siano bassi. Inoltre sono solo 2 le tracce incise, accattivanti e infinite, in cui risulta estremamente difficile distinguere fra di loro i 9 pezzi (indicati in copertina).

Con questo disco ho chiuso definitivamente la parentesi del death metal, che mi aveva portato ad apprezzare la musica di gruppi come i Terrorizer, Morbid Angel, Entombed, Dismember o Impaled Nazarene. Grazie a un vecchio amico incontrato dopo tanto tempo a capodanno e allo scambio reciproco di vecchi ricordi, mi era tornata la scimmia di ascoltare per un attimo questo genere e non ho più resistito alla tentazione di sconvolgere un po’ i contenuti di de-baser, ultimamente più da salotto che da garage. Inoltre mancava una recensione di heavy metal estremo, qualcuno prima o poi l’avrebbe fatto al posto mio.

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