Oh, c'ho un'amico dietrologo che è la fine del mondo. Ogni volta che passo da lui, s'incaponisce a farmi vedere on-the-internet video-su-video di Reptiliani, avvistamenti ufologici, cospirazioni Maya ed elucubrazioni alla Sandro Giacobbo.

Ora, in linea con quello stile approssimativo e pseudo-Voyageristico del mio amico (e dei giornali coi rapimenti alieni e le tettone che poterete trovare nel drugstore del Maine a voi più vicino) vi spiegherò un concetto molto articolato che presenta svariati appigli col mondo dell'Ignoto, della Premonizione e della Scienza in generale. State svegli, mi raccomando, che è articolato. Eccolo:

quando un gruppo si diverte, si sente.

Ascoltare "Little Red Fry Up", la seconda -meravigliosa- traccia del III lavoro in studio dei Greenslade (dato alle stampe nel 1974), potrebbe avvalorare la mia tesi.

Analizziamo i perchè ed i percome, sempre mediante gli strumenti affidabilissimi della sperimentazione empirica e con l'ausilio del Densimetro che porto sempre con me e che come voi tutti saprete, è utilissimo per erudirsi su tutto ciò che c'è da sapere sui liquidi.  

Se i suddetti proggers dalla perfida-Albione, difatti, non si stessero divertendo come pazzarielli durante le registrazioni di questo Long Playing, come si potrebbero giustificare i sintetizzatori (una vagonata, di synth: Harmonium, Moog e quel Clavinet -ho detto Calvinet, non Clarinet- tanto caro al benemerito tasteriesta-cicciobombo degli Yes) che si rincorrono per eviscerarsi come Itchy e Scratchy dopo una serata di bagordi a base d'ansiolitici e vino scadente?

Oppure la voce di Dave Lawson che si sdoppia sardonica, si arrotola in falsetti schizoidi, s'abbassa di tre toni come quella di Zappa dopo il volo a Londra nel concerto del '71 e riecheggia peggio che nella caverna di Platone?

Tutto sembra venire spontaneo come un bel rutto dopo un bicchiere di Sprite: il basso di Tony Reeves pulsa funkettoso, il drumming di Andrew McCulloch è un metronomo-suadente che asseconda e non tiranneggia, la chitarra di Clem Clemson (che non è l'inventore del molestissimo ripetitore-vocale prodotto nel '79) -per la prima volta sugli schermi apparecchiati dall'ex-Colosseum Dave Greenslade- fa solo "capoccella", ma quando s'affaccia è molto "self-confident", come direbbero sull'Mtv. 

Eh, quando una band è in palla, è in palla, nonostante si dica che all'epoca questo "Spyglass Guest" venne tacciato d'eccessiva commercialità e che al gruppone inglese fu predetta una parabola discendente più ricurva del pollicione di Pastorius.

Io e Giacobbo (e il mio amico compulsivo) non la pensiamo così, eccetto che per per la "predizione" in sè per sè. Stanno lì a dimostrarlo i controcanti in odor di "buone vibrazioni" Wilsoniane di "Rainbow", l'organo pomposo intrecciato a terzine "Emerson/Lake/Palmeriane" di "Joy De Vivre" e l'incedere operistico di "Spirit Of The Dance", ispessito da un mellotron che dire troppo-Crimsoniano gli si fa un dispetto.

E lo dice il Densimetro, che si staglia fiero fra la terza e la quarta tacca.

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