Non è facile affrontare una tematica delicata specie a livello sociale senza fare ricorso ad orpelli filosofeggianti, a vorticose e barocche descrizioni dell'intimo più profondo, a moralismi facili sul degrado, a concessioni al melodramma. Per quanto "Mysterious Skin" non sia una pellicola rivoluzionaria di sicuro evita di impantanarsi nei melmosi pericoli di cui sopra. Gregg Araki, regista statunitense di origini giapponesi, nel 2004 riprende un romanzo di Scott Heim, ci lavora su fino a realizzare una buona sceneggiatura, gira, confeziona e presenta alla 61ma mostra del cinema di Venezia "Mysterious skin".

In un polveroso Kansas del 1981, due bambini vivono separatamente delle esperienze che li segneranno: il primo subisce degli abusi sessuali da parte del suo allenatore di baseball, il secondo invece deve far fronte solo a delle advances del medesimo ma è vittima di violenza da parte dei coetanei. Nel corso della loro crescita, Brian (Brady Corbet) e Neil (Joseph Gordon Levitt) elaborano diversamente il trauma: il primo crede di essere stato rapito dagli alieni, il secondo si scopre omosessuale e decide di prostituirsi. Questo comporterà delle gravi ripercussioni sulle loro esistenze. Brian si rivelerà incapace di guardare la realtà cruda mentre Neil finirà per divenirne vittima.

Quando il film uscì nelle sale cinematografiche le polemiche si sprecarono. In Australia si parlò di un "manuale per coloro che avessero voluto diventare pedofili", parte della critica europea rimproverò al regista l'esagerata durezza della vicenda, negli Stati Uniti non è stato neanche distribuito. Ma procediamo per ordine.

Innanzitutto i modelli. Appare chiaro che Araki faccia riferimento ai mostri sacri del cinema indipendente e non dalla scuola Van Sant di "My own private Idhao" e di "Elephant", all'Almodovar di "Che ho fatto io per meritare questo?" fino a recuperare persino i tratti essenziali delle sue opere precedenti (come il minore "The doom generation" ma non si tratta di autocitazione). Nelle analogie rintracciamo delle diversificazioni fondamentali e anche piuttosto palesi se si considera che sia Van Sant quanto Almodovar rappresentano su uno scenario degradato dei personaggi che si realizzano nella loro istintualità senza la pretesa di essere più che un corpo, talora come conseguenza di una forma di alienazione (il primo) o come semplice scelta di vita (il secondo). Il lungometraggio di Araki chiama in appello anche la trascendenza dalla materialità più sordida per focalizzare l'attenzione non solo sui risvolti psicologici che costituiscono il dipanarsi di gran parte dell'azione scenica ma anche sulla dimensione del sogno.

E infatti i personaggi sembrano quasi biforcarsi seguendo due linee parallele; quella del "Chi sono davvero e cosa mi è successo" e quella del "Chi devo fingere di essere per dimenticare ciò che mi è successo". Per questo motivo che lo spettatore finisce con l'identificare il suo punto di vista con la prospettiva di Brian, che crede di essere stato rapito dagli alieni, al punto da far sembrare che nella pellicola sia presenta anche l'elemento fantascientifico. Lo stato di estraniazione che circonda i protagonista viene trasmesso attraverso le grandi doti visionarie del regista e viene interrotto tramite le scene più forti dell'opera come lo stupro di Neil e i suoi ricordi nella casa dell'allenatore o i momenti di terrore dei quali è spesso vittima il fragile Brian.  A coinvolgere ci pensa anche la più che buona recitazione degli attori, da Joseph Gordon Levitt a Elisabeth Shue, da Brady Corbett a Michelle Trachtenberg. Tuttavia molti attori devono per copione ricoprire e (...sanno...) mantenere un ruolo marginale perché nella storia non c'è spazio per altri personaggi se non i due ragazzi e l'allenatore. Tutto ruota intorno alle colpe di uno e alle conseguenze di queste sugli altri due.

Un dispetto a sé stesso questo "Mysterious skin" per Araki, definito più volte un regista pop con stile acido. Rispetto ai lavori precedenti nel suddetto film le immagini evocano minore potenza visiva e tutto è riposto nelle mani della sceneggiatura e degli interpreti. Con ottimi risultati.

Carico i commenti...  con calma