Se i concerti fossero partite, potremmo ben dire che Sokolov con i suoi sei bis ha battuto i tre di Pollini, dopo una performance pianistica che ha letteralmente catturato il pubblico in sala venerdì scorso all'Auditorium del Parco della Musica di Roma, e non sono neanche molti per questo pianista russo che può farne anche otto!

Programma "colto" oserei dire, la "sonata D958" di Schubert e una seconda parte di concereto totalmente dedicata a Skriabin: un viaggio nella poetica di questo compositore, dalle sue prime composizioni, come i due preludi per la sola mano sinistra op. 9, tutte ancora nel solco della tradizione romantica, passando attraverso la III e X sonata, fino ai due "Poemes" op 69 e "Vers la flamme" op. 72.
Programma "colto" per un pubblico capace di percepire la volontà sottesa di cimentarsi con due autori che non compaiono spesso nei programmi, per poterne così dare una propria personale lettura; non la sala piena con il "tifo" quasi da stadio dello scorso mercoledi, alcuni posti vuoti, e tra i presenti tanti musicisti, tanti pianisti, studenti di Conservatorio vecchi e nuovi, insegnati, concertisti, critici musicali, tutti affascinati da un pianismo carismatico capace di dipanarsi e imporsi in questo programma "inusuale", anche difficile da seguire nel suo intero svolgersi, ma presentato in ogni sua parte, come un lavoro di cesello, come un ricamo. Nessun elemento, nessun segno è stato tralasciato o semplicemente lasciato al caso, ogni nota, ogni singolo fraseggio, ogni dinamica è stata curata affinchè si potesse percepire attraverso la bellezza esteriore della cantabilità potente, della sfaccettatura di sonorità mai uguali a sè stesse, dove non c'è mai un solo tipo di "piano" o un solo tipo di "forte", ma una diversità di timbri difficilmente eguagliabili, la bellezza interiore della musica, il contenuto.

Ciò che rende Sokolov un grande artista, che lo differenzia da molti altri, è questa sua capacità di uso della personale "tastiera timbrica" in modo assolutamente funzionale non solo all'interpretazione, che è sempre qualcosa di soggettivo, ma anche alla pura "esecuzione" di ciò che il compositore ha "trascritto": le ragioni di cuore e sentimento; ecco che allora la scelta di tempi più calmi, come nel caso della "tarantella" finale della D958, acquista una logica se vista in questa prospettiva: rendere chiaramente percepibile ogni nota , ogni tema che si modifica e trapassa in un altro nel suo incedere e procedere in modo spiraliforme, nel suo ripresentarsi uguale ma mai realmente uguale a sè stesso, poichè diverso è lo stato d'animo; è un discorso questo valevole per la scrittura schubertiana, relativamente più semplice anche per orecchie poco "avvezze" all'ascolto, il cui contenuto tenta sempre di forzare il contenitore "forma" al punto tale da far perdere i riferimenti strutturali all'interno dei quali come sorgenti, sgorgano temi e melodie, anche per quella ben più complessa di Skriabin.

Sokolov non suona, racconta storie e avvince chi ascolta poichè racconta a due voci; credo sia per questo che dopo il suo più storico dei bis, la trascrizione di una pagina di "Bach" fatta da Siloti, dopo la quale null'altro poteva certamente essere suonato, saremmo rimasti tutti ancora li, a farci incantare dalla magia del suo suono, rapiti e stupiti come bambini con una fiaba.

 

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