Il re del garage giapponese torna in Europa dopo un lungo periodo di assenza; non si può mancare.
Dal 1990 spara fuori album garage, sicuramente gracchianti, in parte melodici, cantati in inglese e giapponese, suonati con un grande tiro. Da sempre il gruppo è noto per i live micidiali, unici, appunto imperdibili.
In rete si trovano i suoi videoclip sgangherati ufficiali e il suo film "Wild Zero", un B-movie a base di zombie, motorette e garage rock.
Sono in attesa sotto al palco e ad un certo punto parte dalle casse "Blitzkrieg Bop" dei Ramones a volume esagerato, quasi distorta.
Dopo due strofe saltano fuori loro tre ed iniziano a suonare mentre sotto continua la canzone dei Ramones: non si capisce niente.
Il carismatico frontman Guitar Wolf Seiji, classe 1963, in chiodo e pantaloni di pelle nera, con inseparabili occhialini neri, brandisce la chitarra come un mitra e punta tutto il pubblico, tanto pubblico.
Sembra la fine del concerto.
Finito questo delirio partono un paio di canzoni suonate e cantate, tra cui riconosco "Black Hole Mama" e la loro famosa "Jet Generation".
Drum Wolf Toru mena forte, come un pazzo, con rabbia, proteso in avanti verso l'unico tom, con ai piedi gli stivali 883; dopo circa una canzone salta via un pezzo di un piatto.
Bass Wolf U.G. picchia il basso con la mano destra moscia, apparentemente a caso, con una svogliatezza totale.
Il basso, un Fender, ha la paletta e il corpo segati per lungo nella parte inferiore, ma segati male, con le schegge che spuntano.
Dopo i primi brani con circa un inizio ed una fine l'esibizione ora rappresenta una canzone unica, un continuum garage rock devastante, sofferto, parlato, mimato, urlato, ballato, rantolato.
La chitarra inizia a scordarsi inesorabilmente; non verrà riaccordata.
Seiji praticamente fa tutte le mosse più tamarre della storia dei frontman chitarristi rock ogni trenta secondi, e gli vengono bene. Il pubblico apprezza.
La chitarra inizia ad essere abbandonata dietro la schiena o a terra, in feedback pesante.
La batteria intanto martella un quattro quarti di elevata intensità, ipnotico e inarrestabile, nel senso che non si ferma mai; una prova fisica incredibile per il batterista.
Ad un certo punto Seiji chiama un tizio dal pubblico e gli dice di suonare lui la sua chitarra. Il tizio non sa suonare, ma Seiji lo incita e lo sprona a fare del rock'n'roll.
Seiji è stremato: sta visibilmente dando tutto quello che ha, per davvero. Chiama altra gente dal pubblico.
Costruisce una piramide umana sul palco e tenta di andarci sopra a suonare. Dopo un accordo crolla tutto.
Dopo circa un'ora e mezza di live parte un acquazzone micidiale, con vento forte. Tutti scappano a ripararsi sotto i tendoni. Pure il palco si bagna.
Resta lì solo Seiji, che esegue chitarra e voce il pezzo "I Love You OK", davanti agli occhi impietriti dei vari tecnici di palco, che di corsa stanno coprendo tutto il possibile.
In tanti ritornano sotto il palco a bagnarsi, proprio come Seiji, marcio al limite della folgorazione; ci manca poco che piango.
La pioggia finisce e il concerto pure, con la convinzione che un altro come questo non lo vedrò mai più.
Piccolo aneddoto. Nel novembre 2011 tornano in Italia e conoscendo l'organizzatore riesco ad essere al locale prima che inizi il sound check: voglio conoscerli fuori dal palco.
Arriva un furgone, che scarica la strumentazione e gli appendiabiti con i loro vestiti di scena: chiodo e pantaloni in pelle nera.
Dopo un attimo arriva anche la band. A parte qualche borchia di meno erano vestiti uguali: chiodo e pantaloni in pelle nera, occhiali neri anche al buio.
Nel backstage c'è un calciobalilla, oggetto a loro sconosciuto. Gli spiego come giocare e ci facciamo un po' di partite. Ad ogni suo tiro di palla Seiji dice "Rock'n'Roooool".
Nel salutarli gli ricordo come è stato epico il finale del concerto di qualche mese prima al Festivalbeat, sotto un diluvio torrenziale. Risposta "Great show. It was raining?".
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