Salve a tutti, durante la mia permanenza su questo bellissimo sito ho avuto il piacere e l'onore di cantare a modo mio le gesta di grandissime band come Iron Maiden, Alice In Chains, Rhapsody, Cradle Of Filth e Muse solo per citarne alcune, ma, ahimé, la musica non è fatta solo di belle cose, esiste anche la merda, eccome se esiste...
Fulgido esempio del concetto di sterco applicato alla musica è questo mini album dei Guns 'N' Roses datato 1988. Innanzitutto, da dove vengono questi Guns 'N' Roses? Sembra una domanda di secondaria importanza ma non è così. I Guns 'N' Roses vengono dagli Stati Uniti d'America, di cui rappresentano il medesimo lato oscuro incarnato alla perfezione da altri fenomeni da circo equestre come Britney Spears, Eminem, Marilyn Manson o i Limp Bizkit, tutta gente che basa sull'immagine e sul marketing la propria iniqua fortuna musicale, cosa che fanno ovviamente anche i nostri Pistoloni, che sono saliti all'altare della celebrità grazie alla loro totale e completa aurea mediocritas, al loro finto rock stradaiolo stupido e privo di qualsivoglia contenuto interessante, sia dal punto di vista dei testi, strereotipati fino al parossismo sia da quello della musica, quanto di meno interessante e derivativo si possa immaginare, una sorta di pastrugno tra Rolling Stones, Aerosmith e The Cult (non certo quelli stupendi di Love e Dreamtime, ovvio...) con qualche spruzzatina di punk qua e là. Una vero e proprio catenaccio fritto, che sta all'America così come Vasco Rossi e Ligabue stanno all'Italia.
Bene, una volta inquadrati gli "artisti" con cui abbiamo a che fare, passo a recensire il CD, otto canzoni (bah, canzoni, che parola grossa...) le prime quattro tratte dal loro primo demo, "Live Like A Suicide", le rimanenti invece inedite tracks acustiche registrate nel successivamente al loro disco d'esordio.
Le mani mi tremano mentre metto il CD nello stereo. Dopo un attimo di esitazione deglutisco, stringo le chiappe e premo play: Axl Rose, il leggendario frontman manda tutti a farsi fottere ancor prima di cominciare (ringrazio e contraccambio di cuore), quindi la band attacca una scialba tiritera intitolata "Reckless Life", in cui il nostro Axl comincia fin da subito a deliziarmi cantando la sua vita spericolata (senza Steve McQueen e le star al Roxy Bar però) con la sua angelica voce, un inimitabile mix tra un'oca un po' afona e un mulo in preda a una violenta crisi ormonale. La seconda track è "Nice Boys", cover della band australiana Rose Tattoo: un brano pop punk di discreta fattura, che performato dai Ramones acquisirebbe ben altra bellezza e dignità artistica, cosa che ovviamente i Guns non sono assolutamente in grado di dare (come hanno ampiamente dimostrato nella loro cover di Knockin' On Heaven's Door, ovvero come trasformare una belle canzoni più belle e semplici della storia del rock nell'ennesima merdosa ballata fracicona stile hair metal). La terza track è invece davvero formidabile, il vero e proprio meglio del peggio, la canzone che secondo me rappresenta più di qualsiasi altra la loro irrilevanza artistica e la loro ridicolaggine: il capolavoro si chiama "Move To The City" ed è una specie di blues-rock che fa muovere il culo come un singolo di Rihanna nella sua infinita pacchianeria e plasticosità; come se tutto ciò non bastasse, il mitico Axl si diletta in una serie di sconsiderati vocalizzi, una roba che bisogna davvero sentire per credere alla sensazione di violenta occlusione intestinale mista a convulsi attacchi di risatine isteriche che si scatena in me davanti a cotanta bruttezza. Chiude la prima parte la cover degli Aerosmith "Mama Kin"; anche qui solita minestra riscaldata a base di hard-blues-dance, ma in confronto allo shock anafilattico della track precedente è quasi passabile e scivola via con relativa facilità.
Molto bene, ora c'è la parte acustica, ovvero i Guns 'N' Roses senza gli assoloni di Slash, il chitarrista vascofilo che a conti fatti risulta essere l'unico elemento decente della band. Il martirio inizia con la soporifera ballata "Patience", in cui l'unica cosa che si salva è l'assolo di fischio di Axl, per il resto la canzone è totalmente piatta e priva di qualsiasi guizzo di classe, al punto di essere surclassata senza pietà dall'omonimo brano dei Take That e fa sembrare la successiva "Used To Love Her", una modestissima canzonetta country buona solo per una rappresentazione pacchiana dal Far West un quasi un capolavoro. Restano ancora due tracce e il mio intestino comincia a cedere di schianto, ma io stoicamente continuo: prima mi sorbisco "You're Crazy", versione acustica e un po' più lenta della canzone già apparsa sul loro defecativo album d'esordio "Appetite For Destruction": anche qui solito cocktail di aria fritta elevata al cubo, il tutto contornato dal solito testo cretino e dal solito cantato piacevole come una puntura d'ape sulla cappella. Infine il colpo di grazia, la famosa "One In A Million": soliti arpeggi senza arte né parte ripetuti fino alla noia, in più testo tra i più merdosi mai scritti da una mente umana, autentico inno all'ignoranza e al qualunquismo del tipico americano medio provincialotto (Bush probabilmente ringrazierà...). Questa frignaccia orrenda si strascina per sei minuti di autentica passione (particolarmente straziante quando il nostro Axl abbandona il tono da finto cantautore impegnato per riprendere il suo consueto raglio immondo), quando finisce posso finalmente tirare un sospiro di sollievo: certamente mi sono rovinato la giornata, ma per scrivere una recensione così ne è valsa la pena.
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