Non certo un film facile da affrontare, "Elephant" ci parla della strage di Columbine con uno sguardo gelido e pesante, all'apparenza addirittura indifferente.

Nella prima ora del lungometraggio non succede nulla di particolare: è come una sola carrellata (con piani-sequenza lunghissimi - e bellissimi) che mostra la normale vita di studenti in una scuola. Immagini assolutamente consuete (una lezione di ginnastica, incontri nel corridoio, discussioni in biblioteca), ma anche più premonitrici (due amici a casa che navigano su un sito di armi), che fra l'altro si incrociano fra loro, in uno stile quasi "tarantiniano". La regia è nitidissima, e anche questo aiuta a non annoiare nelle lunghe scene. I personaggi sono molto interessanti, si direbbero quasi fumettistici (un ragazzo biondissimo, un altro idolo delle ragazze...).

D'un tratto, la svolta. I due amici di cui sopra irrompono nella scuola, e in tutta tranquillità sparano a raffica su chiunque incontrino. Poco prima si erano detti: "Sarà uno sballo!". Nel frattempo però la drammaticità si alza parecchio, e i ragazzi si nascondono sotto ai tavoli, in preda al panico. E proprio qui che si avverte il gelo della macchina da presa: il folle gesto infatti, per come viene rappresentato, sembra quasi una naturale conseguenza dell'incipit. Ed è proprio qui che il film arriva alla (silenziosa) critica alla società di oggi.

"Elephant" sta a significare un problema enorme, di cui nessuno sembra accorgersi, quello di un'America che lentamente va in rovina. Questo film (e quindi lo stesso Van Sant) VUOLE farci stare male, vuole che arriviamo agli estremi della nostra sopportazione visiva e psicologica, a costo di diventare "politically uncorrect". E credo che anche questo sia servito a valergli la Palma di Cannes 2003, come miglior film e regia (teoricamente contro il regolamento, che ammette un solo premio per film) deciso all'unanimità.

Un film "importante e necessario" almeno quanto "Bowling a Columbine", per aprire gli occhi e mostrarsi meno indifferenti a questi eventi raccapriccianti, di cui purtroppo si fa poca memoria.

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