Ispirato ad un sanguinoso caso di cronaca del 1999, il massacro alla Columbine High School ad opera di due studenti.
Sinossi: In un liceo dell'Oregon è un giorno come tanti, almeno fino all'improvvisa irruzione di due studenti armati, decisi a compiere una strage...
Mi sono avvicinata a "Elephant" senza aspettative, scottata da qualche passata delusione inflittami dal vecchio Gus. Eppure, finito il film, mi sono accorta della sensazione che mi aveva lasciato addosso e che ci ha messo qualche ora a svanire. Fastidio, disagio. Un film pruriginoso.
Partiamo dall'inizio, dalla tipica giornata in un comune liceo americano: allenamenti di football, cheerleaders, lunghe camminate attraverso i corridoi. Una giornata normale, una come tante.
Una come tante, prima del momento in cui questa normalità viene lacerata senza scrupoli, senza esitare, senza motivo.
La prima ora del film è funzionale: vengono presentati i personaggi, attraverso lunghi piani sequenza li seguiamo tenendoci un passo indietro, scortandoli verso il loro destino, verso quello che sta per succedere. Perchè è nell'aria, qualcosa di brutto sta per succedere. Lo sappiamo.
In sostanza, è tutto qui lo svolgimento (almeno fino all'evento principale): le prospettive incrociate dei vari personaggi che convergono verso il momento clou, l'evento. Ora conosciamo i personaggi, eppure non riusciamo ad immedesimarci in nessuno di loro, complice una narrazione distaccata, fredda. Asettica. Conosciamo anche quelli che scopriremo essere gli artefici della strage.
E adesso veniamo agli ultimi 30 minuti, quelli in cui tutto precipita. Osserviamo da vicino i due carnefici (una versione fiacca di Paul e Peter di "Funny Games", ragazzotti arrabbiati non si sa, annoiati di sicuro), entriamo nelle loro vite alla ricerca di un movente per quello che -sappiamo- faranno di lì a poco. Ma documentari su Hitler, videogiochi violenti ed eccessiva facilità nel reperire armi possono essere considerati moventi?
Assistiamo ai preparativi della strage, nei minimi dettagli. Percepiamo alienazione (“Allora ci siano, si muore oggi”, così dice uno dei due) ma anche euforia (“Perché questa deve essere una giornata divertente, ci dobbiamo divertire”). Seguiamo i due terroristi in tuta mimetica all’interno della scuola. E il massacro comincia.
Mentre, all'esterno, al sicuro, il ragazzo che aveva incrociato gli assassini guarda la scuola in fiamme, commentando (quasi con indifferenza) quello che sta accadendo all’interno. Stacco, “Per Elisa” di Beethoven mentre scorrono i titoli di coda.
In conclusione, “Elephant” è a tutti gli effetti una pellicola valida, in grado di narrare gli eventi in modo imparziale: non c’è moralismo da parte di Gus Van Sant, nemmeno un tentativo. La facilità con cui ci si può procurare un’arma è sotto gli occhi di tutti, eppure così facile fingere di non vederla [esattamente come è facile ignorare un elefante in una stanza, lo stesso “Elephant” che dà il nome alla pellicola].
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