La nona di Mahler. Beh, è difficile spiegarla.

Perché per spiegarla, per metterci anche solo il naso dentro, devi sapere di qualcosa prima.

Prima come tutto quello che la precede.

E poi è la Nona. Che per tutti i compositori si scrive con la enne maiuscola. La Nona è la cosa che nessuno dimentica.

E te sai, se sei compositore, che potrebbe essere l'ultima. Lo sarà anche per Gustav. Anche se poi è strana la roba.

Molti pensano a Das Lied Van Der Erde come la decima. Ma non è una sinfonia. E poi lo stesso Mahler proverà la decima. E che ce l'ho è inutile che te lo dico. Ma della decima farà solo un movimento. E poi morirà. Morirà prima comunque di vedere messa in scena la Nona.

Finirà con l'Ottava, con la sinfonia dei Mille, nel senso che ci sono Mille persone che suonano. Mille. Tutti, tutto il mondo. Ecco, forse partire da lì è il modo più semplice per spiegare cosa c'era prima.

Mahler, per tutta la vita, ha cercato questa roba. Che sul palco, che a cantare (almeno tre cori) ci fossero mille persone. Quelle che incontri su un tram, quelle che ami, quelle che non hai mai visto forse per colpa tua, quelle che non ci sono più, quelle che hai dimenticato, quelle che hai perso, quelle che hai tradito, quelle che hai deluso. Tutte. E a farle andare d'accordo ci pensi te. A fare che ognuno dica la sua cosa, a modo suo. E te - che fai quel cavolo di lavoro che è il compositore di sinfonie, che altro non è se non il creatore di un mondo - te hai questo dovere. Quello di prendere tutto e di farlo accordare. Ma non nel modo che te smetti di dir la tua. Quelle cose - sai - tipo la prima repubblica, gli inciuci, quelle cose. Io rinuncio. La libertà che ha il confine quella dell'altro. Essere libero significa che confini non ne hai.

No. Lui ha un'idea. Di fondo. Una. Ma bellissima. Lui dice che se te sei compositore - l'hai scelto te questo mestiere, mica te l'hanno imposto - una cosa devi fare. Devi fare sentire tutti. E devi trovare il cazzo di modo in cui tutti vanno d'accordo. Lui aveva in mente - da sempre - quella cosa lì. (poi anche dei tarli, tutti suoi, ma è davvero un'altra storia).

E quella cosa la fa. L'Ottava. La Sinfonia dei Mille. Mille persone. Tre cori. Due orchestre.

Quando la danno, per la prima volta, in sala, a Vienna, ci sono tutti. Tutti. Peggio che Escalator Over the Hill di Carla Bley, peggio di Sergent Pepper di Beatles.

C'è Nietzsche, c'è Thomas Mann, c'è chiunque ti venga in mente. La sala è strapiena. E dentro ci sono tutti.

Entra Mahler. E tutti si alzano in piedi. Non ne dirigerà mai più altre. E loro fanno una cosa. Che sono austriaci, sono diversi. Si alzano in piedi. E gli regalano un enorme, indimenticabile, commovente silenzio. Tutti. Thomas Mann si alza in piedi e non fa niente. Dice aspetto che parli te. Nietzsche uguale.

Io nella vita ho avuto un sacco di culo. E dentro questo sacco di culo il culo che un giorno mi hanno regalato un silenzio. Credimi, non hai idea di cosa sia.

Lo regalano, a Mahler.

Ma insomma, ho scritto tipo duecento righe e ancora non ho detto niente della Nona. Perché l'Ottava è andata. Sei stato a Vienna, Nietzsche ti ha accolto in silenzio, sei felice. E allora c'è la Nona. L'ultima, forse. E Mille li hai portati in scena. E insomma, sia come sia, cominci a pensare che forse la decima non la fai. E della morte, della speranza, di tutto, hai già parlato. Ma adesso - Il Canto Della Terra l'hai già scritto, il tuo testamento - cominci a chiederti cosa è rimasto. Anche di quei Mille, che ci sono stati in quella notte a Vienna. Cosa rimane in piedi. Sei a Dobbiaco, anche se lui pensava Toblach. Mica stai bene. E la vita mica è stata tanto tenera con te (l'hai già scritto, nella quinta, con quel Martello). Nietzsche si è alzato in piedi, quella notte. Ed è stato in silenzio. È bello insieme tacere.


Il secondo movimento della Nona Sinfonia di Mahler è un valzerino. Un landler, come si dice. Una roba bella. E semplice. Una roba che puoi davvero fischiettare mentre ti fai la barba. Una roba che ti fa capire perché è bello alzarsi la mattina e dire io ho avuto culo. E dire è bello vivere. Una roba che è il sunto di tutto quello che hai lottato per tutta la vita. Il sunto. Peppino lo farà in modo molto esplicito. Dirà che è tutta una burla. Lui - austro boemo cecoslovacco, è uno di quelli che gli chiedi da dove viene e la risposta non la sa - lui lo fa con un valzer. Una roba semplice. Che puoi anche fischiettare alla mattina. E che magari te lo immagini - anche - Mahler, la mattina, una mattina che si sta bene, una mattina che senti che sei come una di quelle palle di cannone di cui parlava Fourier. Te lo immagini che non fischietta, ma che dentro la testa sente questa musica qua. E che dice chi cazzo se ne frega. Dice balliamo. Anche da solo. Anche se non ci sarebbe motivo. E certo è sconveniente. Ma chi cazzo se ne frega. Nella testa, in tutta la testa, come una palla di cannone di quelle che studiava Fourier c'è solo una cosa.
Un valzerino. Una cosa che puoi fischiettare, un landler.
Il suo ultimo regalo.

Dentro la mia testa. Adesso.
Ci tenevo a dirvelo.

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