Saltuariamente capita che ridiscenda dal mio esilio nel paese natale dove, anche più saltuariamente, capita che mi rechi in un cinema per vedere un film appena uscito. Ieri appunto la situazione si è presentata nelle spoglie del nuovo film di Guy Ritchie, Sherlock Holmes - Gioco di ombre. Secondo capitolo di quella che in maniera abbastanza manifesta intuiamo essere una trilogia ispirata all'investigatore più famoso d'Inghilterra. In quest'episodio il signor Holmes è impegnato a salvare non l'Impero Britannico ma il mondo intero, o meglio, è impegnato a sventare, sul finir del XIX secolo, una guerra mondiale. Suo avversario il dottor Moriarty, vero e proprio calco maligno di Holmes per genio ed intelligenza.
Le differenze col primo capitolo della saga ovviamente non sono profonde, anzi, Gioco di ombre è ancora più ricco di azione, inseguimenti e trovate fantasiose.
La coppia Robert Downey Jr. / Jude Law funzione ancora molto bene, e i dialoghi sono davvero riusciti ("Watson, deve rispettare le donne!" "Disse colui che le gettava dai treni"), e la troviamo impreziosita da Mycroft Holmes, fratello di Sherlock e personaggio altrettanto bizzarro. Al posto dell'affascinante ladra stavolta troviamo un affascinante zingara, mentre Watson novello sposo viene imbarcato nella nuova avventura durante il viaggio in luna di miele a Brighton. I personaggi funzionano più che bene insomma, e proprio sulla loro abilità si cerca di far stare in piedi un film che presenta non pochi difetti.
Sembra che i voli di fantasia questa volta siano eccessivi e la trama un po' troppo campata in aria. Quello che per il primo capitolo era il punto di forza ora, svanito l'effetto sorpresa, diviene un limite. Siamo nel 1891, ripeto, e troviamo nell'ordine: treni a vapore che sfrecciano a 150 chilometri orari, su detti treni troviamo soldati che, con un mitra, riescono a perforare sei scompartimenti, vuoti per giunta (e capisco che nel concepire un crimine "l'orchestrazione sia meticolosamente progettata" però...), cannoni in grado di sfondare un bunker afghano e via dicendo. E poi, temo che il film sia leggermente penalizzato dalla scelta del cattivo. Lord Blackwood, il cattivo del primo episodio, era una figura maestosamentetenebrosa, che sembrava avesse stipulato un patto con le forze del male, forze soprannaturali. E la forza di quel Sherlock stava, secondo me, proprio nello svelare come lord Blackwood fosse una persona normale, che si affidava alla propria intelligenza e non alla magia nera. Il professor Moriarty invece è umano, troppo umano, non sembra affatto un nemico invincibile, né sembra una vera incarnazione di male mefistofelico. A lui basta, avendo intuito i venti bellicosi della Belle époque, comprare una fabbrica d'armi tedesca (dove produrre i sopracitati cannoni apribunker) e commerciare con le varie nazioni in conflitto. Altro obbiettivo, accelerare un conflitto che, come lui stesso afferma, è inevitabile, così da darci la nitida idea che Holmes si sia dato da fare per niente. Idea rafforzata dal fatto che noi stessi sappiamo come sono andate a finire le cose.
Insomma, più che Sherlock Holmes, ci troviamo di fronte a un James Bond in salsa vittoriana.
Ciò non toglie che il film si lasci guardare con piacere, non vuol dire che il nuovo Sherlock non sia divertente. Però risulta scontato e prevedibile, un film, come si suol dire, con tantissimo fumo e un po' troppo poco arrosto.
5,5
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