Guy Ritchie è un regista che o ami o odi. So che sembra una premessa alquanto banale, ma anche lui nel bene o nel male rientra in questa definizione. "Lock & Stock" fu l'esordio che lo portò inaspettatamente al successo, film che reputo ancora oggi probabilmente il punto più alto della sua filmografia, fermo restando che consideri mediocri ma piacevoli i due "Sherlock Holmes", non del tutto riuscito "Revolver", che si perde in ambienti Lynch che Ritchie non riesce a gestire, e dimenticabile il pessimo remake privo di senso artistico e gusto "Travolti dal destino" con l'ex moglie Madonna. Questo "Snatch" lo metto esattamente nel mezzo.

Ritchie inventa un suo mondo quasi fumettistico, emulando in parte lo stile di scrittura di Quentin Tarantino, in cui i bizzarri personaggi che ne fanno parte ruotano attorno ad un'unica cosa: un diamante. E ciò che funziona di più infatti sono i personaggi: ben dosati i tempi, le battute funzionano e spesso vengono condite da metafore gratuite, che nella loro assurdità e semplicità, nel contesto strappano più di una risata. Ritchie inscena una storia che si sposta con disinvoltura dal noir al gangster movie fino alla commedia in salsa british. I personaggi più riusciti sono sicuramente gli antagonisti: il russo Boris Lametta, apparentemente inoffensivo ma che si rivela essere un macellaio sadico ex KGB (la scena del cadavere è al limite del grottesco), il boss inglese Testarossa, personaggio di cui l'ironia rimane strettamente nei dialoghi, ma che tra tutti resta il più freddo e crudele, interpretato da Alan Ford (monumentale il monologo sui maiali). Strepitoso l'uomo d'affari americano Cugino Avi, interpretato da Dennis Farina, nel ricordare ogni volta quanto odi gli inglesi ("nebbia, cibo di merda, Mary scassapalle Poppins"), e Pallottola al dente Tony, interpretato dall'attore feticcio Vinnie Jones, ex calciatore tra i più violenti della storia, che ironia della sorte si ritrovò ad Hollywood, e il cugino di Avi Doug la zucca, convinto di essere ebreo. Ad aprire la pellicola abbiamo un superlativo Benicio Del Toro nei panni di Frank Quattro Dita, che per certi versi è il collante su cui i personaggi vengono mossi all'interno del film.

Questi cattivi funzionano perché ognuno di loro ha il proprio spazio, seppur non troppo spiegato o allargato del dovuto, e risultano quasi parodie stesse volute dei classici cattivi macho del Cinema, e lo si può capire da quel tipo di humour palesemente sopra le righe, che riesce a ritagliarsi una propria cornice. I protagonisti Turco e Tommy (interpretati da Jason Statham, al secondo film con Ritchie, e Stephen Graham) sono i classici mezzi imprenditori che cercano di farsi i soldi sulle scommesse della boxe clandestina. Perfetto nella parte Graham, che poi negli anni si rivelerà un ottimo attore (basti pensare al meraviglioso "This is England" o al recente "The Irishman" di Scorsese), un po' meno Statham, che nonostante se la cavicchi sembri quasi fuori parte. Ma al centro di tutto abbiamo Mickey O'Neil, interpretato da un Brad Pitt in splendida forma (e dire che si è accontentato di un budget minore), che crea questo personaggio zingaro idiota, ma allo stesso tempo un letale pugile di strada. Geniale l'idea di avergli affibiato uno slang inventato; Pitt ci prende gusto e si vede. A concludere il tutto i tre tizi di colore, forse i personaggi più "ignoranti" del film, che non ambiscono a nulla rispetto agli altri personaggi, ma ci capitano dentro. Compare pure un giovane Ewan Bremner (Spud di "Trainspotting") in una sequenza piccola ma tipicamente Tarantiniana.

Ciò che a parer mio stona un po' nella regia è l'azione. Questo perché Guy Ritchie non é un regista d'azione, e lo si può notare dalle sequenze sul ring, o anche dalla rapina iniziale. Una regia caotica, chiassosa, pompata di steroidi. C'è chi ha considerato questa caratteristica un "marchio d'autore" del Cinema di Ritchie, e chi come me reputa i suoi prodotti belli anche senza la presenza di esse, in cui sembri che il film cerchi di puntare sull'adrenalina gratuita, ma il gusto estetico è quasi del tutto assente. E non basta mettere in sottofondo gli Oasis per renderla ancora più "gasata", per utilizzare un gergo nerd. I dialoghi come ho già detto funzionano, ma alla lunga rischiano di appesantirsi, complice il fatto che le situazioni tendono a ripetersi molto durante il film e gli intrecci inizino ad essere troppi, e che sebbene duri solo novanta minuti il ritmo non sempre viene mantenuto alto. Questo perchè Ritchie ha delle buone idee, ma una messa in scena che non si può dire accompagni sempre a braccetto la sceneggiatura, soprattutto nella parte centrale in cui ti aspetti solo che arrivi l'incontro finale per gustarti della buona dose d'azione, cosa che a parer mio è il punto più difettoso del film.

"Snatch" per concludere è un film divertente? Certo. Ha delle cose memorabili? Assolutamente sì. Preso come film d'intrattenimento funziona. Per chi è amante delle commedie grottesche di "sana" ignoranza, costruite su personaggi demenziali, battute funzionali e una storia tutto sommato "leggera" nella sua assurdità, è assolutamente consigliato. Per chi lo consideri il miglior film di Guy Ritchie gli consiglio prima di vedersi (o rivedresi) "Lock & Stock", e poi ne riparliamo.

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