A dispetto del titolo altisonante, "Opere corali complete", questo cd raccoglie solo tre brani. Ma non fa niente: la musica è quella dell'ungherese György Kurtág, uno dei "casi" più singolari della cosiddetta musica contemporanea: quello di un compositore scoperto negli anni della maturità, il cui nome è circolato grazie allo slancio di colleghi (compositori e musicisti) conquistati dalla sua modestia e riservatezza, autore di un corpus di lavori tutt'altro che vasto (una quarantina) ma di grande espressività.

Leggiamo quanto racconta Kurtág a proposito del primo brano di questo cd: Quando Luigi Nono venne per la prima volta a Budapest, volle incontrarmi: era il 1978 e nel corso di una conversazione scoprimmo l'affinità delle nostre idee sulla vita, sull'arte, sulla musica. La sera stessa ascoltò in un concerto la prima esecuzione di un mio pezzo per quartetto d'archi, e mi disse: "Devi scrivere per coro". Queste parole furono per me un ordine.

Nacque così l' "Omaggio a Luigi Nono", un pezzo di 9 minuti scritto tra il 1979 e il 1981: una musica tutta affidata alle voci di un piccolo coro misto, ora sommesso nella dinamica, ora impetuoso, ma con sonorità sempre ricercate che evitano le asprezze e le dissonanze di tanta musica d'oggi (a questo pezzo Nono avrebbe risposto nel 1983 con l' "Omaggio a György Kurtág" per contralto, 3 strumenti ed elettronica).

Simile è anche il successivo "Otto cori su poemi di Dezsö Tandori", composto tra il 1981 e il 1984: 10 minuti in cui risulta evidente un'altra caratteristica di Kurtág, cioè la predilezione per il frammento. Il pezzo prevede un'alternanza tra le voci femminili e quelle maschili, in lotta per conquistare il primo piano: ma è una lotta breve perché il coro presto si ricompone e articola il suo discorso musicale in brevi frammenti invece che in un continuum ininterrotto.

Davvero magistrale è il terzo brano del cd: i "Canti di disperazione e di dolore" che, nonostante il titolo, non sono affatto tristi o dimessi. Più brioso rispetto ai due pezzi precedenti, il lavoro prevede qualche raro intervento strumentale: ma in evidenza c'è sempre e comunque il coro. Quasi 22 minuti la durata, nei suoi momenti migliori la musica tocca livelli di grande suggestione, come nel frammento conclusivo dove la parte strumentale è composta di sole percussioni e le sonorità si fanno ipnotiche e notturne, con il coro che sussurra sottovoce.

E pensare che questi Canti erano stati inizialmente messi da parte, dal compositore, per essere poi migliorati, espansi e rivisti in un periodo che va dal 1980 al 1994, a riprova dell'estrema severità che Kurtág esercita sul suo lavoro: atteggiamento che può valere come esempio per tutti noi, non solo per chi è musicista.

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