Nel 2001, la casa discografica Teldec riprende il lavoro che la Sony aveva interrotto (la registrazione integrale delle composizioni di György Ligeti) e lancia The Ligeti Project: usciranno, negli anni successivi, cinque cd che portano a termine questo ambizioso piano editoriale.
La quarta uscita del Ligeti Project raccoglie quattro lavori: curiosamente, sono disposti nel cd in ordine cronologico inverso, cioè dal più recente al più antico, ma la scelta è azzeccata. I primi due pezzi, il "Concerto di Amburgo" (1998-99) e il "Doppio Concerto" (1972), hanno entrambi una durata di circa 15 minuti e impiegano, come strumenti solisti, il corno nel primo caso, flauto e oboe nel secondo, più l'orchestra.
Se il primo brano, per quanto vario e differenziato nelle sue sette parti, non spicca per particolari meriti (interessante comunque la dedica alla città nella quale Ligeti ha vissuto e insegnato per molti anni), il "Doppio Concerto" è un classico esempio dello stile dell'ungherese, fatto di modificazioni appena percepibili nell'ambito di un tessuto musicale densissimo.
È la grande invenzione di Ligeti, la micropolifonia: con questo termine da lui coniato, il compositore intendeva l'uso di un nevrotico intreccio delle parti (vocali o strumentali) dentro intervalli di note molto stretti. Anche "Ramifications" (1968-69) per strumenti ad arco possiede queste caratteristiche: in questo pezzo di 8 minuti Ligeti divide gli strumenti in due gruppi, e uno di questi suona "scordato" un quarto di tono sopra l'altro. Di qui il risultato sonoro pastoso ed ectoplasmico del brano, ma che fascino!
Il pezzo forte del cd, però, è senz'altro il "Requiem" (1963-65) per coro e orchestra, brano molto celebre anche per il suo impiego (assieme ad "Atmosphères" e "Lux Aeterna", sempre di Ligeti) nella colonna sonora di "2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick. È il brano di maggiore durata del cd, 26 minuti, e costituisce una piccola antologia delle caratteristiche di questo compositore: le sonorità scure e misteriose, il magma sonoro che non dà respiro, il lento fluire di una musica straniante che non sembra provenire da questo mondo.
Suddiviso in quattro sezioni, la prima e la seconda parte sono più riconoscibili nello stile, mentre la terza parte si distingue per gli scatti improvvisi e la violenza sonora, per la frammentarietà del tessuto musicale su cui emergono le voci soliste; finché la chiusa riporta il brano ai toni sommessi dell'apertura.
Ecco dunque il quarto volume del Ligeti Project, ma questo compositore è un must in tutti i suoi lavori. Egli diceva: "La mia musica suscita l'impressione di un fluire senza inizio e senza fine. Vi si ascolta una frazione di qualcosa che è iniziato da sempre e che continuerà a vibrare all'infinito". La recensione finisce qui, la musica di Ligeti no.
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