"Il grindcore siamo noi" (cit.).

Questa recensione potrebbe iniziare e finire con questa frase, captata una volta per puro caso in un forum di talebani musicali nati e cresciuti a Napalm Death e Nasum. Volenti e nolenti è impossibile al giorno d'oggi negare l'importanza di un genere, o sottogenere che dir si voglia, come questo. Nato a metà anni Ottanta, riprende la malatissima lezione del punk più duro e del metal più estremo imbastendo il tutto su ritmi forsennati, roba da mettere a dura prova la resistenza umana non solo dei vari chitarristi e batteristi, tutta gente che, per inciso, a trent'anni si troverà con una tendinite da paura, ma anche dei (volontari e volenterosi) malcapitati che, per motivi che non stiamo in questa sede ad indagare, decidono di sacrificare una parte consistente dei propri timpani al "profano" verbo dell'estremo musicale. Sia chiaro, a vedere le scalette dei concerti e dei dischi la carne al fuoco spesso tantissima, ma quasi sempre le "canzoni" (ha ancora senso definirle così?) non sono altro che schegge impazzite di poco più di trenta secondi. "Già fatto?": si, già fatto e mi dispiace se te lo sei perso.

Quello che in un primo momento poteva sembrare uno scherzo, una roba per ragazzini che vogliono giocare a fare i punkettoni cattivi, si ritrova, ironia della sorte, ad attecchire sempre di più, con nuovi gruppi, spesso dalla vita effimera, che dal nulla iniziano ad inondare le fanzine di tutto il mondo di nastri e cd, facendo capire che quella che poteva sembrare un'onda passeggera è invece uno tsunami di dimensione bibliche. Ricordandosi le proprie origini punk, il grindcore riesce quindi a diventare, in determinati contesti, voce di rivolta e ribellione, la voce di chi non ci sta ma che, causa cronica mancanza di mezzi, tutto quello che può usare per far sentire la propria voce è una scassatissima musicassetta. E se il genere, almeno per quel che riguarda i mostri sacri, potrebbe dare l'impressione che quello che c'era da dire è ormai stato messo su disco da anni, è impressionante invece constatare come col tempo si sia affermata una scena underground fertilissima, capace di sfornare a ritmi elevatissimi (auto)produzioni assolutamente degne di nota. Se poi ci aggiungiamo che gli ultimi anni li abbiamo passati tra una cassintegrazione e un sit in di protesta davanti all'azienda che non ti vuole rinnovare il contratto, capite che l'humus, la miscela esplosiva, è quello giusto. Il grind torna quindi ad essere la più estrema e veritiera rappresentazione della società in cui viviamo: homo homini lupus, questa è una giungla, baby. E se già il clima non è roseo nella Grande Mela, figurarsi nei dintorni di Bangkok, dove tra un tifone ed una lettera di licenziamento non è che proprio abbiano accolto il 2012 brindando.

Vediamola così però, non tutto il male vien per nuocere ed ecco che in una situazione semi-catastrofica in cui anche il McClane di turno getterebbe la spugna nascono dal quasi-nulla gli Half Digested. "Il perché del nome? Per far capire che, malgrado tutto, questa società non ci ha ancora, o meglio, se ci avrà non ci avrà vivi. Per questo "Mezzi Digeriti". Non siamo ancora diventati la rotellina del sistema". Altro che "indignati", questi sono incazzati neri. "C'è una forte scena, dobbiamo solo farci sentire e ogni occasione va bene, dal profilo myspace al dare gratis il cd ad una manifestazione studentesca. In molti non ci capiscono, ma abbiamo già un nostro piccolo seguito". Ho Chi Minh, nome d'arte che già fa capire i nostri da che parte stanno, ha 22 anni, un basso comprato con la colletta degli amici e le idee molto chiare. Cresciuto con bootleg ultrapiratati dei Morbid Angel e dei "soliti" Napalm Death, non conosce altro modo di esprimersi di questo. Sempre meglio che tirare molotov alla polizia col rischio di vincere un proiettile in fronte. Wang Hoo alla chitarra e Paul alla batteria e il gioco è fatto.

"Demo 1", registrato con pochi mezzi e distribuito con ancora meno, nel giro di qualche mese spopola, per quanto posso spopolare un disco grind, nella "Bangkok estrema che conta": cinque canzoni cinque per un totale di ben 8 minuti di disco, visto l'andazzo generale dei loro colleghi americani e inglesi li potremmo definire quasi progressive-grind. Scherzi a parte, i tre meritano davvero e almeno una volta tanto la rabbia che trasuda dalle liriche, spesso scritte in un inglese molto arrangiato, risulta sincera e non artefatta, riuscendo davvero a trasmettere il senso di disperazione e angoscia di chi a venti anni ha già capito che per lui la ruota difficilmente girerà dalla parte giusta. Paul (e il cognome?) dietro le pelli ha la stessa grazia di un elefante in una vetreria, il basso è pulsante e sempre presente, nonostante la produzione pessima, e la voce di Ho, che si alterna tra un'impostazione growl e una più acida, debitrice del vecchio thrash americano, risulta davvero degna di nota. Chitarra "a zanzara"? Presente, dall'inizio alla fine, e ogni tanto c'è persino spazio per qualche risicatissimo assolo (oh, un minuto di canzone è un minuto). "Scum" dei Napalm Death in chiusura, come d'ordinanza.

Sia chiaro, questa è e rimane roba per carbonari, non credo che i nostri supereranno mai i confini della nativa Bangkok e non so se qualche etichetta sarà mai disposta ad investire su di loro e fargli assaporare la "gloria" del cd ufficiale, ma tant'è. Resta la soddisfazione di vedere e sentire come, anche in situazioni svantaggiate, si riesca spesso a produrre qualcosa di valido e interessante, facendolo più per sé stessi che per altri e come il caro vecchio rock'n'roll, anche se qui in una delle sue versioni più estreme e marce, possa attecchire anche nei contesti più improbabili. "Dal letame nascono i fior", diceva il "poeta dei vicoli"? Beh, se i fiori sono come questi non c'è che da congratularsi.

PS: il profilo myspace del gruppo, non più attivo da diverse settimane, risulta al momento inaccessibile ed era, almeno per il momento, l'unico modo per ascoltare lo stringatissimo repertorio dei tre al di fuori dei confini nazionali.

 

Half Digested:

Ho Chi Minh, voce e basso

Wang Hoo, chitarra

Paul, batteria

 

Demo 1 (2011):

Now you see me, now you don't

What lies

Back to the front

Green for money

Scum (Napalm Death cover)

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