Alla fine penso che molti sarebbero concordi nel definire Jad Fair come una personalità eccentrica. Molti portrebbero persino pretendere che lui abbia una specie di lato oscuro: lo immaginano con i capelli elettrizzati, come se fosse reduce da una specie di elettro-shock, una figura stereotipata, tipo quella dello scienziato pazzo tipica della cultura popolare. In pratica una specie di caricatura di artista creative che debba essere per forza pazzo o comunque strano e per questo portato a avere una personalità insolita e indefinita e una natura stramba che lo porta a compiere strane sperimentazioni. Forse è anche per questa ragione che un sacco di gente continua evidentemente e nel corso degli anni a considerare Jad Fair e gli Half Japanese, la band che Jad formò con suo fratello David nel 1975 a Uniontown, Maryland, come qualche cosa che appartenga a un remoto e indefinito momento del passato. Un momento in cui tuttavia fu fatto un pezzo di storia della musica con il triplo disco '1/2 Gentlemen/Not Beasts' (in pratica una collezione di tutta una serie di home recordings che i due fratelli aveva registrato nel corso del tempo), un momento che per molti è bastevole a qualificare questa artista e la band come una specie di 'cult' e oggetto di devozione. Ma questo tipo di considerazione secondo me non basta veramente per descrivere le sue qualità artistiche. Non è bastevole per descrivere tutte le qualità artistiche e creative di Jad Fair, un artista che è ancora oggi tanto produttivo quanto brillante e che d'altro canto non ha mai voluto essere oggetto di particolare devozione.

D'altronde, è un fatto: la critica musicale ha creato un sacco di termini che sono derivati proprio dai primi episodi e registrazioni degli Half Japanese e di Jad Fair: lo-fi, noise-rock, indie-rock, alternative-rock... Tutti termini e definizioni che sono ancora usate e abusate oggi. In un certo senso possiamo dire che Jad abbia contribuito alla creazione di un vero e proprio vocabolario musicale, oltre che a quello che è stato a tutti gli effetti un nuovo modo di approcciare alla materia musicale perché lui e suo fratello introdussero alcuni elementi (intanto l'utilizzo tipico delle home recordings, l'uso di distorsioni noise disturbanti, persino eccessive, suonare fuori tonalità, il semplice fatto di essere del tutto disinteressati a fare qualche cosa di formale e che richiedesse una particolare formazione tecnica, il rifiuto della tipica forma-canzone in ogni senso possibile) che ancora oggi sono considerati particulari e assolutamente sperimentali.

Quello che ritengo in qualche maniera strano ma più che altro sommario nel parlare di Jad Fair sta nel fatto che questi lavori, '1/2 Gentlemen/Not Beasts' o ad esempio 'The Zombies of Mora Tau', che Lester Bangs, un grande appassionato di Jad Fair e dei suoi lavori (come poteva essere altrimenti, dato che in qualche modo i due condividevano lo stesso approccio all'arte e proponevano lo stesso tipo di cultura sociale), ha voluto definire come uno dei più grandi esempi di musica 'rumorosa', sono considerati da molti come un evento singolo. Non vedo infatti in giro molte persone interessate a che cosa faccia ancora oggi Jad Fair e sono sinceramente sorpreso da questo. In primo luogo perché i suoi dischi sono assolutamente fantastici, il disco che ha pubblicato all'inizio di quest'anno ad esempio, 'Perfect' (Joyful Noise Recordings), è oggettivamente uno dei migliori episodi di art-rock degli ultimi anni e suona in una maniera molto più innovativa, fresca, virulenta e provocativa di tanta altra roba che viene generalmente considerata dai critici e che magari butterei direttamente nel cestino dell'immondizia senza passarae dal viva. La seconda ragione sta nel fatto molto semplice che Jad non abbia mai smesso di fare nuovi dischi nel corso degli anni. Anzi. La sua intera produzione è praticamente impossibile da ricostruire. Io stesso non ho problemi nel riconoscere di non avere ascoltato la sua intera discografia e mi domando comunque se questo sia in qualche modo possibile. Mi domando anzi se poi egli stesso lo abbia mai fatto. Ma chi se frega del resto. Penso che allo stesso Jad non importi granché di tuto questo e che per lui quello che conti sia essere creativo e di dare sfogo alla sua creatività e alle sue idee rendendolo 'reali'. Questo per quello che riguarda la musica e per quello che riguarda le arti in generale, considerando il fatto del resto che parliamo di quello che è pure un grande artista di opere visive (gli artwork dei dischi degli Half Japanese sono ovviamente tutti suoi lavori). Non ha mai smesso di fare nuova musica e nel corso degli anni ha anche collaborato con una infinità di artisti e di cui molti tra questi si potrebbero anche definire 'mainstream' o comunque sicuramente non poco seguiti: John Zorn, Yo La Tengo, J. Mascis, his good friend Daniel Johnston, Steve Shelley and Thurston Moore of the Sonic Youth...

Perché. Voglio dire, perché il mondo della musica continua a non dedicare a questo artista così brillante, oltre che a una persona così dolce e gentile (lo è per davvero), non solo la gloria ma soprattutto la giusta attenzione che la sua arte richiede. Probabilmente questo succede anche perché in un certo senso Jad ha veramente una personalità eccentrica, ma questo perché ha una visione ideologica di se stesso e della sua musica che è lontana da ogni stereotipo di pseudo-rockstar oppure artista pop. Ha cominciato a fare musica prima che il punk nel Regno Unito diventasse una realtà. Gli Half Japanese pubblicavano e registravano musica prima che la no-wave diventasse un fenomeno di culto a New York City. Jad Fair e la sua band sono stati noise, indie, alternative prima che chiunque altro fosse definito in questa maniera. Ma il punto della questione secondo me sta proprio nel fatto che Jad abbia sempre fatto e faccia ancora oggi semplicemente quello che gli pare e senza nessun intento in particolare e volto a ottenere una certa fama o una figura di se stesso particolare e diversa da chi egli sia realmente ed è così che la sua musica e le sue canzoni vengono concepite.

Jad esprime semplicemente se stesso e questo fa di lui quello che definisco un vero artista sensibile e di conseguenza, non per scelta ma per quella che è la sua natura, una figura completamente indipendente e per forza underground all'interno della scena musicale e nella storia della musica. Le cose stanno così e sono convinto che egli non abbia nessun rimpianto in tal senso e anche a me le cose stanno benissimo così per quello che è il mio approccio alla musica. Rifiuto in tal senso ogni approccio enciclopedico: semplicemnete ascolto quello che mi va di ascoltare e se ora non riesco a smettere di ascoltare questo disco, 'Hear The Lions Roar', che uscirà il prossimo mese su Fire Records, questo è semplicemente perché per l'ennesima volta Jad ha fatto un disco ottimo e allo stesso tempo imprevedibile per quelli che sono i suoi contenti variegati e stravaganti.

Un disco selvaggio, eccentrico e allo stesso tempo energico e carico di quello humour tipico degli Half Japanese, 'Hear The Lions Roar' è quello che alla fine definirei come un disco di art rock composto con quella che è oramai una consolidata e comprovata esperienza e con cui Jad propone un pugno di canzoni e di liriche in cui è evidente un certo ottimismo e una freschezza nel suono che bene si combinano a sonorità fiere e una sezione ritmica che definirei prepotente, compulsiva. Considerate del resto che gli Half Japanese sono comunque a tutti gli effetti una band. A parte Jad, ne fanno parte al momento John Slugget, Gilles-Vincent Rieder, Jason Willett, Mick Hobbs. L'aggiunta di alcune guest, come quella della suonatrice di corno baritono Lydia Fischer e della violoncellista Sophie Bernadou portano al disco un tocco di particolarità in più nel suono e che è bene evidente già a partire dalla title-track, 'Hear The Lions Roar', probabilmente il migliore momento del disco, un inno trionfale di gioia in uno stile powe-pop che probabilmente a molti potrebbe benissimo far pensare a un artista possibilmente ancora più prolifico di Jad Fair, cioè Robert Pollard.

Anche se resta il fatto che nel menzionare artisti simili a Jad Fair e gli Half Japanese è in pratica impossibile stabilire chi abbia influenzato chi e quanto. Questo perché sia per quanto riguarda lui che per gli altri musicisti che gli definirei in qualche modo ideologicamente e musicalmente affini, ritengo che questi abbiano lo stesso approccio alla musica. La considerano un'arte puramente espressiva. La loro musica è una immediata espressione di sentimenti e emozioni. Molte delle canzoni contenute nel disco del rsto sembrano essere suonate prima ancora di essere state concepite. Mi riferisco in particolare agli episodi più freaky e noise del disco, che per lo più sono contenuti nella prima parte: 'Wherever We Are Led', 'Of Course It Is', 'Here We Are', il rumorismo di 'Attack Of The Giant Leeches', la gioiosa e scanzonata ballata nello stile di Daniel Johnston 'On Top', la lisergica e ipnotica, 'It Never Stops'.

È un disco dai contenuti positivi, qualche cosa che generalmente appare essere in contrasto con altre pubblicazioni 'alternative', ma è una caratteristica che comunque non fa di questo disco qualche cosa di triviale, superficiale. Allo stesso tempo sarebbe sbagliato pure pensare a qualche cosa di totalmente improvvisato. 'On The Right Track', ad esempio, ha un arrangiamento molto particolare, una sezione ritmica quasi dub, un certo approccio minimalista che fa pensare a alcuni episodi di artisti come Pere Ubu o Red Krayola. 'The Preventers' mostra come Jad ha in qualche modo anticipato e influenzato o come potrebbe essere in ogni caso considerato prossimo anche ad artisti come Serengeti, uno che fa musica hip hop e che comunque a sua volta ha sempre dichiarato di essere stato influenzato dalle sonorità garage e che ha dichiarato di avere adottato la mission di riportare quella che definisce come gioia e divertimento nel mondo della musica hip hop. 'Super Power' è un episodio appunto 'super-sperimentale' di psichedelia lisergica e veramente difficile da definire, qualche cosa di completamente indecifrabile e allo stesso particolarmente suggestivo, 'This Is What I Know' è con la title-track, la migliore canzone del disco, una canzone di garage psichedelia accompagnata dal suono dell'organo e che poi si frammenta in una pioggia i coriandoli, una esplosione di suoni di violoncello e feedback di chitarra. Ma sono probabilmente 'Do It Know' e 'It's Our Time' le canzoni che meglio tra tutte rappresentano i veri contenuti del disco e quello che è il messaggio ideologico che Jad Fair vuole trasmettere ai suoi ascoltatori. Io ho pensato a una frase di Kurt Vonnegut, che ho letto nella prefazione di 'Madre Notte' e che dice pressappoco così: 'Fate l'amore, ogni volta che potete. Fa bene.' Ecco. Penso che sia questo il vero contenuto e testamento ideale del disco. Aprite i vostri occhi e le vostre orecchie e questo vi apparirà evidente. Ovvio. L'amore.

Carico i commenti...  con calma