Grandi e piccini ricorderanno senz'altro gli occhiali da sole con le lenti decorate con la bandiera inglese che si trovavano in vendita a Carnaby Street in piena epoca psichedelica. O magari la rutilante copertina di "Disraeli Gears" dei Cream, o ancora i meravigliosi posters colorati (regolarmente strappati dai muri e portati a casa dagli intenditori) che promuovevano dischi e concerti dei Soft Machine, dei Tomorrow, di Hendrix.

 Ebbene tutto questo era opera di un duo di geniali designers, Michael English e Nigel Weymouth riuniti sotto il nome scioglilingua Hapshash and the Coloured Coat. In un periodo magico in cui la musica era qualcosa di libero e non soffocato da speculazioni varie, furono convinti da Guy  Stevens, disc jockey del leggendario club "The Scene", a tramutare in musica le loro visioni pittoriche. Stevens, che avrebbe avuto una carriera di ottimo produttore a cominciare dai Procol Harum era l'Human Host, mentre gli Heavy Metal Kids, il gruppo che accompagnava le deliranti scorribande dei due Hapshash, erano in realtà gli Art , già autori dello straordinario "Supernatural Fairy Tales" (provate ad indovinare di chi era la  copertina disegnata e di chi la produzione musicale...)  che qualche anno dopo con l'avvento del tastierista americano Gary Wright si sarebbero trasformati negli eccellenti Spooky Tooth.

 Se non vi piacciono i fricchettoni cambiate recensione adesso che siete ancora in tempo, perché questo disco del 1967 è intriso di stramberie freak dalla prima all'ultima nota. Si potrebbe ironizzare che vale di più la splendida copertina in stile caleidoscopico- Hapsash o il  vinile rosso su cui era stampata la musica che la musica stessa, ma se siete tra quelli che amano le divagazioni a ruota libera sullo stile dei tedeschi Can di "Tago Mago" allora fareste meglio a dare un'ascoltata ad un brano come "H-O-P-P-Why?", una jam aggrovigliata come un edera allucinogena  su un albero tenuto su da un pianoforte funky e dal cantante che non fa altro che  fare lo spelling delle poche lettere.

L'incedere free-form ipnotico di "The New Messiah coming 1985" è la reinterpretazione folk delle profezie di Nostradamus condotta attorno ad un falò tribale con tanto di chitarre acustiche e tamburelli intonando "we are...we are...I am...I am " fino a farci stramazzare a terra esausti per il trip lisergico. Un brano come "Aoumn", oltre a richiamarci alla mente l'"Augmn" di Czukay & Co., significa  abbandonare ogni preoccupazione terrena  sublimandosi nell'ommmmm meditativo indotto da massicce dosi di LSD che aprono le porte della percezione verso una specie di canto gregoriano. Fatto però  di respiri, gargarismi e ansimare di voci femminili che più alla compostezza dovuta alla situazione del caso portano dritto  al rictus involontario.

 L'intero secondo lato del rosso vinile è preso da "Empires of the Sun" dove sotto i benefici raggi del sole della copertina i nostri fricchettoni si lasciano andare alla solita jam acustica da strada. Dove è tuo piacere lasciare qualche spicciolo nel cappello di questi saltimbanchi che mescolano, sulla martellante sezione ritmica di basso-batteria - chitarra acustica, l'alternarsi di voci e urla femminili da sabba, campane, campanacci, trilli, bongos, tamburelli, pifferi da poche lire per giungere al parossistico finale con la voce recitante finto-drammatica che sfotte l'avvento del Ragnarock, l'epica battaglia tra le potenze del bene e del male.

Musica che appartiene tutta al periodo in cui è stata pubblicata. Oggi ci sembra ingenua e datata, ma nella sua festosa pazzia astrale la preferisco mille volte alla musica preconfezionata per piacere al pubblico oppure  a quella che oggi si definisce depressive o che muore in giugno o che beatifica la dipartita  e l'animaccia dei mortacci  loro.

 Quando la musica era libera e il mondo non strisciava come un verme su carcasse imputridite.

Epilogo

Dopo questo disco e con la fine del movimento hippie  Michael English già stava pensando di dedicarsi ad altro, Weymouth lo tirò ancora dentro nel secondo disco degli Hapshash and the Coloured Coat che è un mezzo miracolo visto le scarse vendite del primo. "Western Flier" del 1969 è meno radicale del precedente, anche per la partecipazione di ottimi e navigati musicisti come Tony McPhee chitarrista dei Groundhogs e Mike Finn (T. Rex) alle percussioni. L'ennesimo flop commerciale farà desistere i due da ogni velleità musicale, Nigel Weymouth   si tuffa completamente nell'arte figurativa (è sua la copertina di "Bryter Later" di Nick Drake) mentre di Michael English si ha solo qualche generica notizia.

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