2000. Gli Hardcore Superstar irrompono sulla scena musicale con il primo (ottimo) full lenght "Bad Sneakers and a Piña Colada", che proietta il quartetto di Gothenburg ai vertici della nuova ondata glam proveniente dalla Svezia insieme a Backyard Babies ed Hellacopters: il disco viene accolto in maniera entusiasta da pubblico e critica , portando agli HCSS importanti riconoscimenti come la possibilità di supportare in qualità di opening act nientepopodimeno che gli AC/DC.
2001-2003. La band, forte del successo dal debut album , rilascia nel tre anni successivi "Thank You (for letting us be ourselves)" e "No Regrets", dischi che, pur presentando alcune composizioni degne di nota, fanno tuttavia riscontrare un andamento altalenante, dando l'impressione che la freschezza del debut album sia stata sacrificata alla ricerca di uno stile più mainstream in grado di consacrare definitivamente i Nostri presso il grande pubblico.
2005. Dopo il fallimento della loro precedente label (Music for Nations) e la perdita di molti fan della prima ora, gli HCSS tornano alla carica con il quarto disco omonimo "Hardcore Superstar", licenziato direttamente dalla band diventata nel frattempo discografica di se stessa: la scelta di intitolare il nuovo lavoro con il monicker del gruppo sembra indicativa di un nuovo inizio per Silver e compagni, ed infatti il self-titled album sancisce la ritrovata identità della band e ci consegna 12 canzoni destinate ad infiammare le platee di mezzo mondo all'insegna del rock più passionale e viscerale, lontano anni luce dalle pose laccate del periodo di mezzo della loro discografia.
2007. Il quinto disco dei quattro rockers svedesi è finalmente nei negozi e, come prevedibile, lo stile non si discosta da quanto fatto registrare in occasione del precedente lavoro: un hard-rock metallizzato, in cui la chitarra di Silver, ben supportata dalla sezione ritmica del duo Sandvick-Andreasson, inanella una serie di riff taglienti sui quali la voce magnetica di Berg scandisce il ritmo dei nuovi anthem della band, che questa volta rispondono al nome di Need no company (ottima opener), Dreamin in a casket (primo singolo dal chorus semplicemente irresistibile), Wake up Dead in a Garbagecan (la più punkeggiante del lotto).
In conclusione se avete apprezzato il disco precedente non farete fatica ad innamorarvi anche di questo nuovo "Dreamin in a Casket", mentre se avete imparato a conoscere gli HCSS con i primi tre lavori probabilmente un ascolto preventivo è d'obbligo: per tutti quelli che invece non avessero mai sentito nulla di questi quattro rocker svedesi il consiglio è quello di andare prima a riscoprire il fantastico debut album e/o il penultimo disco omonimo, e solo successivamente questo pur sempre ottimo ultimo platter.
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