Gli alessandrini Hate Tyler sono i nuovi arrivati in una scena metal italiana decisamente in fermento per quel che concerne le nuove leve. Moltissime infatti le band che negli ultimi anni hanno invaso il panorama nazionale, spesso con risultati sorprendenti. Parole che calzano a pennello con “The Great Architect” disco in cui i quattro protagonisti hanno puntato forte sulla sperimentazione, scontrandosi frontalmente con il più classico dei timori di ogni musicista: quello di essere posto al centro di selvagge critiche da parte dell'ascoltatore medio.

Di sicuro i nostri non hanno fatto nulla per evitare dibattiti e quant'altro, provando a unire generi lontani anni luce l'uno dall'altro come melodic death metal, thrash, groove metal, metalcore e un accenno di prog che non guasta mai. Possibile tutto ciò?! Possibilissimo, come altrettanto fattibile sembra essere non sfigurare. Basta infatti avere un manipolo di buoni musicisti con idee ed esperienza, un produttore che non rovini la festa e il gioco è fatto.

“The Great Architect” è senza ombra di dubbio una produzione onesta e meritevole di almeno un paio di ascolti per essere assimilata, composta da una miriade di soluzioni strumentali che alla lunga potrebbero quasi confondere l'ascoltatore ma che intrigano non poco. Certo, se al posto di una voce da 7 in pagella ci fosse una un'artista capace di tenere testa a musicisti da 8+ sarebbe il massimo, ma poco importa al momento tutto ciò basta e avanza. La forza di questi Hate Tyler sta tutta nella varietà della proposta, mai fossilizzata su uno schema fisso e costantemente alla ricerca di quell'imput che stavolga del tutto il classico schema canzone che TV e media ci hanno imposto. Non stiamo parlando di geni sia chiaro, ma semplicemente di una band che una volta tanto tenta di andare controcorrente rispetto alla massa, cosa non da poco credetemi. Cosa piace degli Hate Tyler? Sicuramente gli episodi più tecnici (leggasi prog oriented), dove gli assoli prendono il sopravvento e dove le ritmiche fanno la differenza. Cosa non piace di questo lavoro? I richiami fin troppo evidenti al metalcore dei Killswitch Engage in “Devil Park” e come detto in precedenza la voce, di buon livello ma ancora poco incisiva se rapportata al sound.

Facendo un breve riassunto finale la forza di questo “The Great Architect” sta tutta nella volontà dei suoi protagonisti di rendere questa esperienza qualcosa che vada oltre il solito compitino, motivo per il quale mi sento di premiarli.

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