Jacob Bredahl (voce), Peter Lyse Hansen (chitarra), Ziggy (chitarra), Mikeal Ehlert (basso), Morten Toft Hansen (batteria), questi sono gli Hatesphere nel 2004 ai tempi in cui diedero alle stampe "Ballet of The Brute" terzo capitolo della loro discografia. La Band si è formata nel 1998 ad Aaruhus in Danimarca, scoperti dall'etichetta italiana Scarlet Records oggi sono tra le metal band moderne più acclamate. La proposta musicale del quintetto è un Thrash-Death molto aggressivo, composto prevalentemente da riff in palm muting che conferiscono un sound iper-compresso caratterizzato da sporadici innesti melodici (a tratti ricorda un po' la proposta musicale degli At the Gates) con qualche spruzzatina di metal core. Apparentemente sembra una band qualunque ascrivibile al cosiddetto "calderone del metal moderno" composto perlopiù da band simili tra loro, prive di personalità e dai suoni plasticizzati. Gli Hatesphere costituiscono "l'eccezione che conferma la regola", riescono a distinguersi dalle masse, mettendo in luce una personalità e un attitudine Hardcore ben definita.
L'album si apre con la breve strumentale "The beginning and the End" che ha funzione di preludio a "Deathrip" vera e propria Killer track ,breve, veloce e diretta , si prosegue con la più melodica dalle leggere tinte metal core, "Vermin", non rilassatevi troppo però perchè con "Downward to Nothing" i nostri tornano a stordirci , il brano è dotato di un gran tiro , alterna up -tempo e mid- tempo in maniera ben congegnata, qui non c'è spazio per melodie e raffinatezze! solo ritmiche serrate e martellanti.
Ecco che siamo arrivati a metà disco e troviamo il primo mid-tempo, "Only the Strongest", caratterizzato da riffs di stampo slayeriani, in cui la voce di Jacob Bredhal si tramuta in un growl profondo e corposo di pura matrice death, il brano trasuda cattiveria e potenza sonora non indifferente.
Purtoppo nella seconda metà del disco si nota un calo qualitativo in tracce come "What I See I Despise" che ricalca stilemi fin troppo rodati ormai , oppure l'eccessivamente melodica "Last Cut Last Head" e "Blankeyes" che nonostante la brutalità di cui è dotata non riesce a raggiungere gli apici toccati nei primi 5 brani. Di tutt'altra caratura sono "Warhead" e "500 Dead People". La prima è un'altra killer track in cui viene fuori tutta la vena Hardcore del quintetto danese la quale sono convinto che in sede live scatenerà headbanging e moshpit di grandi proporzioni. La seconda invece è la canzone che mette il sigillo finale al platter e lo fa nel migliore dei modi , un pezzo articolato costituito da più sfaccettature ,pieno di ripartenze e cambi di ritmo che tengono alto il livello di pathos generale.
Non possiamo dire di trovarci di fronte ad un capolavoro, ma sicuramente ad uno dei migliori esempi di metal contemporaneo. La prova della band è compatta, granitica e brutale, senza disdegnare qualche melodia e raffinatezza, così contribuendo a mettere in luce il discreto bagaglio tecnico di cui godono questi ragazzi. Reputo invece sopra le righe la prestazione di Jacob Bredhal, con i suoi continui cambi di registri vocali, in cui alterna scream e growl di matrice death a quelli più urlati di natura hardcore, conferendo varietà e personalità ad uno stile che spesso rischia di perdersi nell'anonimato.
La breve durata dell'album (solo 36 minuti!) permette nonostante la presenza di qualche filler a "Ballet of the Brute" di tenere alto il livello di attenzione e di adrenalina fino alla fine.
Un buon disco, con cui fare un po' di sano Headbanging senza troppe pretese.
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