Dopo anni passati con VHS da Hong Kong, registrazioni pirata, video in lingue incomprensibili, suggestioni raccontate da fortunati viaggiatori dal Giappone, trasmissioni tv fugaci, recensioni su riviste specializzate, foto scattate di nascosto e nastri bruciati negli archivi RAI... dopo anni di video raw, fansub in inglese e spagnolo, file matroska, distributori inadeguati, versioni poco accurate e doppiaggi disconosciuti... dopo mille peripezie, il 9 luglio del 2008 è stata ufficializzata la relazione fra il distributore cinematografico Lucky Red di Andrea Occhipinti (talent scout cinematografico di rara finezza nel mercato italiano) e lo Studio Ghibli, famosissimo studio d'animazione giapponese che ha prodotto alcuni dei migliori film nipponici degli ultimi vent'anni. In questa maniera i film di Miyazaki & company hanno finalmente trovato un distributore sufficientemente serio e costante dopo anni passati con soggetti pieni di soldi (Disney, per dire), ma non sempre adeguati (tagli, adattamenti fantasiosi, ecc.). Tutti gli appassionati di animazione giapponese esultarono, quel 9 luglio 2008.
Il 20 marzo 2009 è uscito il terzo film nato da questa collaborazione (i primi due furono Il castello errante di Howl ed I racconti di Terramare), ovvero l'annunciatissimo ed attesissimo Ponyo sulla scogliera del grandissimo regista giapponese Hayao Miyazaki. Dopo una campagna pubblicitaria paritaria rispetto a quelle dei film non d'animazione, il film è uscito al cinema accolto con molto calore dai fan. La storia, ispirata in qualche maniera a La sirenetta di Andersen, narra di un pesce rosso con volto umano che, conosciuto un bimbetto di nome Sosuke che le dà il nome di Ponyo, desidera diventare una bambina e restare sulla terra; lecca del sangue da un graffietto di Sosuke e, riacciuffata dal padre/mago/marito-della-dea-del-mare e tornata negli abissi, beve una sorta di filtro vitale e le fa sviluppare dei poteri magici con i quali si fa crescere arti, capelli e tutto il necessario. L'aver profanato la stanza dove il padre teneva il magico filtro provoca uno tsunami che travolge il paesello di Sosuke e tiene lontano il bimbo dalla madre Risa, andata a soccorrere le vecchiette dell'ospizio dove lavora. Sosuke e Ponyo affronteranno un viaggio alla ricerca della madre e della risistemazione dell'ecosistema.
Il film è stato accolto con grande sorpresa a Venezia perché realizzato interamente con tecniche tradizionali d'animazione senza accendere il computer nemmeno una volta (se non per il montaggio ed altre fasi tecniche), che in epoca di film in 3D non è poco. Effettivamente il lato visivo è straordinariamente curato, con sfondi colorati a pastello e personaggi dipinti a tempera come non si vedeva da tempo; anche le sigle iniziale è disegnata con grande semplicità e con tratto stilizzato. La matitosità del film esplode in invenzioni visive eccezionali come l'onda dello tsunami, resa come un branco di pesci d'acqua impazziti, o nella scenografia del bellissimo villaggio paradisiaco e tinto di ogni colore dove abita Sosuke. Un plauso anche alla figura del padre di Ponyo: il suo look è stupendo ed i vestiti a strisce meravigliosi che si direbbero usciti dalla mano di Yohji Yamamoto. Se la grafica aggiunge punti al film, la narrazione invece deficita di chiarezza soprattutto nella seconda parte, quando i personaggi sembrano muoversi mossi da motivazioni poco chiare che rendono confusionaria la visione del film: è un difetto che Miyazaki mostra spesso, ed i suoi film necessitano spesso di una seconda visione per poterli apprezzare appieno. Forse si tratta di un processo "a togliere" svolto sulla sceneggiatura che, se spinto troppo in là, rischia di omettere battute che avrebbero favorito una maggiore comprensione dell'opera e rendono il tutto vagamente astratto ed irreale. Il senso di irrealtà aumenta perché, come tipico del cinema giapponese, molto è lasciato come non detto o non spiegato, o s'incontrano eventi assurdi come le barche dei sopravvissuti allo tsunami colme di gente felicissima, coloratissima e festante. Nonostante qualche pecca narrativa, il film raggiunge dignitosamente la conclusione e si pone come una buona prova di regia da parte di Miyazaki: "Ponyo sulla scogliera" è molto distante dai capolavori del maestro (come l'immenso "Il castello errante di Howl"), ma riesce a farsi piacere per la sghemba e fantasiosa irrealtà che propone e per le quali non bisogna farsi domande. Non è una favola, non è nemmeno una fiaba (mancano gli elementi standard): è una narrazione esplicitamente dedicata ad un pubblico di bambini molto piccoli che troveranno in questo film 100 minuti di spensieratezza.
L'unico tasto veramente doloroso del film è il suo adattamento italiano. Qui ci si addentra in una parte squisitamente tecnica che probabilmente non interessa al 90% del pubblico che andrà in sala a vedere il film, ma richiede che venga spesa qualche riga se non altro per gli appassionati di anime (cartoni animati giapponesi). Nel suo legame con la Lucky Red, lo Studio Ghibli ha preteso nessun taglio e massima fedeltà alla sceneggiatura originale: questo ha spinto la casa di distribuzione ad avvalersi della collaborazione di Gualtiero Cannarsi, molto famoso nel giro degli otaku (fan di anime) per aver curato l'edizione italiana del cult "Neon Genesis Evangelion". Il risultato non è stato eccellente: tralasciando l'uso del "-chan", particella vezzeggiativa sconosciuta al pubblico italiano che secondo me andava tolta e sostituita non so come ma andava tolta, la cosa peggiore era la clamorosa artificiosità della lingua. Sembrava di sentire dei dialoghi tradotti con BabelFish, o meglio dei dialoghi tradotti parola per parola e non adattati: questo è un grave problema perché i giapponesi NON parlano come noi ed usano espressioni e modi sintattici diversissimi dai nostri; il giapponese non deriva manco dal ceppo indoeuropeo, quindi è facile capire come si tratti di una lingua a noi distantissima. Se è già improponibile tradurre un film dal francese (lingua a noi vicinissima) e lasciarlo senza adattamento, tanto più questo vale per il giapponese: i personaggi del film usavano formule bizzarre, parafrastiche e desuete che nessuno nella lingua parlata usa, nonostante in realtà i personaggi sono vecchiette e bambini che di certo in originale parlavano una lingua particolarmente colloquiale (paradossalmente i personaggi con il linguaggio più scorrevole erano la dea del mare ed il suo nobile marito).
Lo stesso errore di troppa fedeltà fino all'eccesso è stato compiuto da Cannarsi nella serie Abenobashi - Il quartiere commerciale di magia e nel film di Card Captor Sakura, che avranno pure doppiaggi fedelissimi, ma hanno dialoghi così vicini all'originale da suonare davvero ostici se non addirittura fastidiosi. Mediaset è famigeratamente famosa per i suoi adattamenti stravolgenti, Cannarsi esagera dal lato opposto: si raggiungerà mai un equilibrio?
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