Bei tempi, quelli del mio Erasmus in Belgio! La giornata tipo che ricordo con più piacere era il Sabato. Ci si alzava tardi, alle 3 del pomeriggio: il venerdì sera del resto era dedicato al giro dei locali, nel carré di Liegi, e di solito si finiva la serata nella enclave "spagnola", tra birra, sangria e delizie varie, oppure in qualche stanza nell'Home Ruhl ad aspettare l'alba ascoltando i dEUS .
Di solito uscivo di casa stralunato, un po' come il Lou Reed di "Perfect day", o meglio, visto che di solito avevo alcool nelle vene, come il mio amato Neil Young di "Tonight's the night". Passeggiavo per le vie di quella città fredda che all' inizio odiavo, ma che avrei lasciato tra le lacrime.
Una baguette con dentro qualche schifezza da mettere nello stomaco, l'acquisto della Gazzetta per capire se c'era qualche possibilità che il Cagliari evitasse la serie B (saremmo arrivati ultimi quell'anno, invece: il futuro messia David Suazo era appena arrivato dall'Honduras). E poi superavo il ponte sulla Mosa, e mi avviavo nel pittoresco quartiere Outre-meuse: là c'era la mia isola del tesoro. Un magnifico negozio di cd e vinili usati, fornito come il migliore negozio di Londra o New York, grazie alla stupefacente cultura musicale degli amici belgi.
Andavo in quel negozio quasi ogni sabato pomeriggio. A volte da solo, a volte mi accompagnavano alcuni amici. Luca, ragazzo d'oro ma accanito fan degli 883, che aspettava sorridente il momento di tornare in centro a prendere un'altra birra. Roberto, smaliziato fan degli U2 che ascoltava con pazienza i miei deliri da vecchio cultore delle proposte Sub Pop. E soprattutto Fabiano, metallaro celtico de Roma, biondo e lungocrinito: anche lui trovò in quel negozio una miniera d'oro. Insieme usufruimmo diverse volte della magnifica offerta del negozio: 10 cd a 200 franchi, che all'epoca - anno accademico 1999/2000 - equivalevano a ventimila lire. Quanti bei cd mi procurai in quel modo! Alcuni li avrei consumati nel tempo, come "Loveless", "Repeater" o "Xo". Altri li ascolto ogni tanto, e mi riportano in mente quei giorni: "Toreador of love" degli Hazel è uno di questi.
Gli Hazel facevano parte di quella nidiata di gruppi sviluppatasi a Portland nei primi anni 90, assieme agli Heatmiser di Elliott Smith e ai Pond. Gruppi ispirati dal sound della vicina Seattle, e messi sotto contratto dalla Sub Pop una volta che l'organico della storica etichetta venne saccheggiato dalle majors. "Toreador of love" fu il debutto di questo trio: un album felice e ispirato, che rileggeva la lezione power pop soffice e spigolosa dei Feelies e soprattutto dei concittadini Wipers attraverso il prisma del grunge, senza disdegnare spunti emocore. Puro e semplice rock americano, avvolto da una scorza di ruvido lirismo, e lontano dai lustrini di cui stava iniziando ad ammantarsi il grunge. E un paio di canzoni memorabili. "Everybody's best friend", ballata midtempo che spezza la tensione del disco a metà percorso, avvolta da uno spietato romanticismo, affine alle cose migliori dei Nirvana. E la conclusiva "Truly": inizia con un giro di basso che sembra rubato a Kim Deal, per poi deflagrare in un sensazionale refrain chitarristico. Qualcosa da far impallidire tante patinate proposte di Strokes e Franz Ferdinand in un colpo solo.
Se vi capita di adocchiare questa copertina in un negozio di cd usati, fateci un pensiero.
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