In America sono sempre stati attenti a quei prodotti in grado di diventare "cinematograficamente prolifici". Negli anni sono stati portati sul grando schermo una quantità industriale di capolavori della letteratura, di leggende e di tutto quello che poteva diventare appetibile al grande pubblico attraverso la settima arte.
Il fantasy è stato uno dei generi più in voga: Ervin Howard, Tolkien, Clive Lewis e tanti altri sono tornati di moda grazie agli adattamenti che le loro opere più famose hanno subito. All'appello mancava George Raymond Richard Martin, famoso per il suo fantasy grezzo e provocatorio che con le "Cronache del ghiaccio e del fuoco" gli ha portato una certa notorietà. Ad approfittare del ruolo è stata la HBO, un'emittente televisiva statunitense molto famosa soprattutto per le sue serie televisive tra le quali vale la pena ricordare (soltanto per rimanere a quelle recenti) "Band of brothers", "The pacific", "Boardwalk empire", "Deadwood" e "The walking dead", ma molte altre meritano anch'esse attenzione. I prodotti della suddetta HBO sono sempre stati ben accolti dalla critica e anche "Game of thrones" è stato felicemente sponsorizzato, fino a diventare un vero e proprio caso cinematografico che ha ridestato negli Stati Uniti l'interesse per il fantasy.
"Il trono di spade" è giunto in Italia nel novembre del 2011 ed è stato trasmesso sulla rete privata Sky. Naturalmente è stato pubblicizzato a dovere, forse fin troppo, tanto che molti (tra cui il sottoscritto) si aspettavano la solita menata tutta draghi e cazzate varie che ormai sembra imprescindibile per realizzazioni di questo tipo. Per fortuna che il risultato finale è di tutt'altro spessore.
"Il trono di spade" (che prende il nome direttamente dal primo libro da cui è tratta la serie, l'altro è "Il grande inverno"), è stato diviso in 10 puntate, ognuna delle quali di una durata intorno ai 50 minuti. Il cast non presenta nomi particolarmente altisonanti (cosa non negativa); l'unico con un certo background è Sean Bean (che interpreta Eddard Stark), famoso per aver dato vita a Boromir nell'epopea tripla di Peter Jackson.
Per la regia vengono scelti quattro diversi cineasti: nell'ordine Tim Van Patten, Brian Kirk, Daniel Minahan e Alan Taylor. Ciò che caratterizza positivamente questa serie della HBO è l'essere lontana dalle divagazioni tecnologiche e spettacolarizzate tipiche del sistema hollywoodiano. Le battaglie sono quasi del tutto ridotte all'osso, mentre l'accento è posto sulle varie trame della vicenda, gli intrighi, il potere. Sarebbe scontato e ingarbugliante parlare e citare tutti i vari personaggi: un aspetto che invece mi preme sottolineare riguarda la semplicità con cui è stato realizzato questo prodotto. Non ha nulla da spartire con "Il signore degli anelli" come invece molti hanno erroneamente affermato. "Il trono di spade" è più "reale", più legato al Medioevo e molto meno alla fantasia da leggenda di Tolkien. I vari registi non si fanno molti scrupoli a mostrare il pattume di George R. R. Martin e molto spesso indugiano su un mondo fatto di puttane, incesti e lotta per la sopravvivenza e il potere. E' proprio in questa caratteristica la carica innovatrice di "Game of thrones": mostrare cosa sia disposto a fare l'uomo pur di raggiungere il comando, pur di sentirsi superiore a tutti gli altri. Ogni azione che avviene nelle 10 puntate viene fatta con l'intento della sopraffazione degli uni sugli altri. In questo modo l'onore cede lentamente il posto al sospetto, al tradimento...
Al di là di giudizi fuorvianti e pregiudizi, "Il trono di spade" è un congegno ben oliato, che forse non lascierà sul campo tanti temi su cui riflettere, ma da comunque sostanza e corpo ad un genere troppo inflazionato dalla "modernità".
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