Sottovalutata band di Thrash Metal statunitense che nasce a San Francisco nel 1984 e lesta giunge primo demotape autoprodotto nel 1986, che consente alla band, flagellata da continue rivoluzioni di organico, di approdare nella scena metal della Bay Area di Frisco. Più che ad un gruppo ci troviamo di fronte ad un albero genealogico della scena thrash crescente, un hotel dove le porte girevoli si surriscaldano al transito di vari membri e collaterali; due album in quasi dieci anni di vita, nonchè la partecipazione di Paul Baloff (ex Exodus) al demo pre "Victims Of Deception", depongono la band negli annali del Thrash.
Il singer originario Sam Kress (R.I.P) cede il microfono al bravo David White –Godfrey (ex Blind Illusion) ed il bassista Eric Wong (futuro Unjust), dopo aver suonato nel demo "Pray For Death", lascia la cuccetta a Mike "Yaz" Jastremsky (R.I.P). Ciurma al completo con il batterista mastino Carl Sacco (ex Metal Church) e le due asce Lee Altus-Doug Piercy. Nel maggio 1987 esce questo debut-album "Breaking The Silence", prodotto dal chitarrista Ronnie Montrose, delineato da una copertina scura ma appariscente: la testa di un tapino sta per brillare fra grattacieli nefasti. Forse "Too Much Information" gli attraversa il cervello, direbbero i Police, oppure a spezzare il silenzio sono proprio gli Heathen, autori di un'opera prima con luci ed ombre, sottolineata da una produzione discreta però anche equivoca, legata agli stilemmi del Thrash (suono gratta-gratta e compresso come una palla di neve) ma pure contagiata dall’Heavy Metal classico. Gli Heathen nutrono simpatia sia per i Metal Church che per il Bay area sound degli Exodus. Anzi, magari suonano Speed Metal e non me ne sono accorto: le etichette a volte spiegano tutto e a volte non spiegano niente. La batteria presenta un suono pieno, un'incedere rapido ma anche fellone: Carl Sacco è un rullo compressore ma latita in fantasia, relegando fra il mondo degli spiriti le sfuriate di doppia cassa alla Lombardo-Benante; i fraseggi delle chitarre si avvertono pigiati, fermentati come l'uva nei tini, ma non vengono poi torchiati a dovere come avviene negli album delle band contemporanee: probabilmente Ronnie Montrose, musicista di tutto rispetto, si ritrova in un contesto a lui non congeniale per poter guidare una band esordiente nell'ondata thrash 1987.
La track di apertura "Death By Hanging" squarcia il velo sulle coordinate musicali del gruppo: riff in crescendo, marcia militare del drumming e un granello di melodia che affiora qua e là, il tutto sovrastato dalla voce acuta di David (influenzata da Bruce Dickinson e sulle tracce di Joey Belladonna)che segna indelebilmente tutti i brani dell’album; risalta il testo forcaiolo, lazzarone, firmato da Ed Bull (ex singer dei Control, band di Doug Piercy nel 1980): il pezzo, scippato a un demotape, è la dote che Doug conserva della vecchia band. In “Goblin Blade” le liriche sono più allegoriche e fantastiche:
"Camminando per il sentiero del non ritorno/striscia il male che vive nel sottosuolo/infesta i sogni di quei molti uomini che osarono attraversare il ponte del peccato/Sono colui che vive per raccontare la storia dell’antico demone impalatore/l’assassino di tanti che portò terrore sulla terra/la mitica minaccia, alla fine lo ucciderò/Il Goblin siede in sotto alle rocce/aspettando nell'ombra quando il ponte è ostruito/ma poichè gli uomini tentano di forzare le barricate/saranno testimoni della lama del Goblin..."
Il nome, non la storia, ricorda l’avversario dell’Uomo Ragno che elargiva danni viaggiando sull’aliante. Fantasia e savoir faire: l'epica introduzione culmima nel refrain più bello del disco, da fiaschiettare o cantare continuamente. Dopo questi frutti appettitosi scopriamo che i musicisti sono egregi ma non mettono ordine alla loro cattiveria, non strutturano quel tip-tap di violenza sonora che innalza i brani a evergreen del Thrash come "Angel Of Death" o "Battery" o "Infinite". Il fuoco si ravviva con la cover "Set Them Free" degli Sweet, hard rockers degli anni ’70, scaltramente scelta come singolo, traballante trampolino di lancio dell’album scelto rovistando nel sacco della farina altrui. L’altra scultura bennata, densa di pathos funereo, è la lunga “Open The Grave”, dai notevoli cambi di tempo ed un testo tenebroso ma anche critico verso la società; l’intro verrà poi clonato dai Defiance nel 1989. Non dimentichiamoci pure della canzone “Save The Skull”, dalle liriche splatter e barbariche, che chiude l’album perentoriamente. Colpisce "Pray For Death" per il testo pessimista, e quanto mai attuale, a cura di David:
"Conquistando le ere con i loro infiniti stratagemmi/ mercanteggiando il futuro degli uomini di domani/ ultra tecnologia al nostro risveglio chi commetterà l’ultimo errore?/ Miliardi vengon spesi per la nostra difesa/ per proteggere la nostra libertà al benesere materiale/ Se vogliamo sopravvivere dobbiamo rimanere uniti/ dividere la ricchezza per sfamare tutti/ Il futuro è cieco negli occhi dei politici /Ci stanno annichilendo con le loro mire nucleari/ quando vedranno la luce sarà ormai troppo tardi/ ci riempiono la testa con bugie sull’economia/ si rifiutano di ascoltare le grida della gente/ L’unica scelta che rimane è pregare perchè giunga la morte/ Il governo costruisce machine che uccidono/ utilizza i nostri soldi contro il nostro volere/ quando costruiranno uno strumento di pace allora il futuro sarà più semplice/che dire delle chiese e delle loro ricchezze? c’è un tesoto nascosto sotto le loro campane/ sono forse quei templi d’oro massiccio un simbolo della divinità? /Questa orgia di ricchezza è una visione disgustosa/ La religione organizzata è sorda, muta e cieca/ pensano di vedere attraverso gli occhi di Dio /sarà troppo tardi quando finalmente vedranno la luce/ se il Papa vendesse i suoi abiti di seta potrebbe fornire il latte agli affamati/ non lasciando motivo di pregare perchè giunga la morte"
La torcia della velocità si mantiene ben accesa, anche in "World End", introdotta da un'agreste arpeggio e dalla voce di David, per ripartire poi a spron battuto così come nella title-track, dall'incipit guerresco, dove si torna a percuotere il pellame alla grande, senza far gridare al miracolo. Pensiamo a come sarebbero stati i pezzi se dietro alla consolle ci fosse stato Rob Beaton e ai tamburi Darren Minter: tutta un'altra storia. E' stato pure ristampato con l'aggiunta del brano "Heathen" e del demo anno 1986 "Pray For Death". Gli Heathen si trovano nel conestoga statunitense delle band che stanno viaggiando verso il territorio thrash promesso, ma prima di loro giungono le band maggiori Metallica, Anthrax, Slayer, Exodus che sfornano i loro capolavori e del resto in circolazione troviamo anche i Metal Church di "The Dark" ed i Sanctuary di "Refuge Denied". Una concorrenza spietata che vede gli Heathen soccombere: mancano il produttore giusto, la label discografica disposta ad investire, i musicisti disposti a pazientare. Il tempo scorre inesorabile e i nostri eroi perderanno il treno verso il successo.
Tuttavia "Breaking The Silence" vende 100.000 copie in tutto il mondo (www.artistsandbands.org/intervista a Darren Minter) e, pur essendo un lavoro piacevole, rimane una piccola corvetta heavy/thrash di lusso che percorre l’Oceano Pacifico per giungere alla Bay Area carica di intuizioni nella stiva. Con il tardo follow-up "Victims Of Deception" (1991) gli Heathen porteranno a compimento le riflessioni del debutto con fantasia, inventiva e stile, trasformandosi in una corazzata Thrash arenata nella Bay Area. Una vera infamia. Quattro stelle alla bravura del trio Godfrey-Altus-Piercy.
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