Dopo quattordici anni dall'ultimo album in studio dei Black Sabbath (Forbidden) e a diciassette di distanza dall'ultimo realizzato dall'attuale line-up (Dehumanizer), gli Heaven & Hell (Tony Iommi, Geezer Butler, Ronnie James Dio e Vinnie Appice - dunque Black Sabbath al 100% nonostante il cambio di monicker) pubblicano finalmente The Devil You Know: quello che è sicuramente il disco più atteso dell'anno in panorama rock-metal, e che sicuramente si è rivelato un ottimo candidato a diventare davvero il disco dell'anno.
Il progetto Heaven & Hell è nato nel 2006, quando Tony Iommi e Ronnie James Dio si incontrarono in occasione dell'uscita della raccolta The Dio Years. I due composero anche tre tracce ("Shadow Of The Wind", "Ear In The Wall" e "The Devil Cried") che figurano nella suddetta raccolta. Contemporaneamente all'uscita di quest'ultima, Tony e Ronnie decisero di organizzare un tour promozionale, assieme agli altri ex del periodo anni '80, Geezer e Vinnie. Quella che doveva essere una manciata di esibizioni dal vivo della durata di un paio di mesi divenne - grazie al grande entusiasmo dei fans - un monumentale tour mondiale della durata di un anno, dal quale è stato ricavato Live At Radio City Music Hall (2007), ottimo live album doppio, uscito anche in edizione limitata con DVD. Al termine di questa lunga ed estenuante serie di concerti in giro per il mondo, i quattro decisero che era troppo deludente finire così, senza continuare quella che poteva rivelarsi una prolifica collaborazione. Nasce così l'idea di un nuovo album in studio, e questo ci riporta a The Devil You Know.
Un album che è stato atteso con speranza e scetticismo: speranza da chi sentiva che i Black Sabbath (perché di essi si tratta) non avrebbero tradito le aspettative; scetticismo da chi temeva che il sound della band si mantenesse sui livelli dei tre brani pubblicati su The Dio Years, il cui livello, purtroppo non è eccezionale. Ma tutti i fan hanno seguito con impazienza, curiosità e aspettativa ogni novità sull'album, la cui uscita era imminente. A partire dalla rivelazione in anteprima della cover-art dell'album (piuttosto brutta e pacchiana, è inutile girarci intorno), si è creato il mistero attorno ai numeri 25 e 41, posti a corredo dello stemma del diavoletto alato, numeri su cui sono circolate le teorie più fantasiose. Alla fine, la spiegazione: si tratta di un passo del Vangelo secondo Matteo, capitolo 25, versetto 41, che recita: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli"; riferita, naturalmente, al Giudizio Universale. Quanto al nome dell'album, Geezer Butler ha dichiarato: "Il significato che sta dietro a questo titolo è molto semplice, in realtà. Tutti ci vedono ancora come Black Sabbath e spesso ci chiamano ancora così. Così, anche se abbiamo pensato di chiamarci Heaven & Hell, siamo sempre molto attaccati all'esperienza dei Black Sabbath. Così, siamo ancora il diavolo che conosci, nel senso che siamo ancora i Black Sabbath. Questa è la storia che c'è dietro". Ma, aldilà degli aneddoti e delle curiosità, la domanda che i fan si ponevano più di ogni altra è: "Come sarà la musica? Come suonerà The Devil You Know?". Senza ulteriori indugi, scendiamo dunque nell'analisi traccia per traccia di questo nuovo entusiasmante prodotto del genio di Iommi e compagni.
La partenza è affidata ai toni plumbei e sepolcrali di "Atom & Evil", sorretta da un riff di Iommi che è quanto di più doom si possa reperire oggi sulla scena, ben accompagnato dal duo Butler-Appice, su cui si innestano le vocals teatrali di Dio, stupende nel ritornello. Doom leggermente diverso in verità dal tipico stile Sabbath: sembra quasi che i Nostri abbiano voluto confrontarsi con i loro stessi epigoni, sul terreno di questi ultimi. Naturalmente, Iommi & co. ne escono senza difficoltà vincitori.
"Fear", con la sua velocità decisamente più sostenuta, spezza di colpo l'atmosfera pesante e immobile dell'opener, ma non risulta come uno dei migliori brani del disco, a dispetto del grande lavoro di Butler e del buon solo di Iommi. Comunque un buon pezzo.
Un sognante arpeggio di chitarra acustica, venato dal delicato solo di Iommi e su cui interviene un Dio nella sua veste più melodica e soave, apre "Bible Black", uno dei brani-capolavoro del disco. Poi un repentino cambio di registro rende la canzone improvvisamente aggressiva, con riffing di Iommi da incorniciare e Dio graffiante. Da sottolineare anche il bellissimo guitar solo di Tony, forse il migliore dell'album, assieme a quello di "Rock 'n' Roll Angel". Da notare che la versione inclusa in The Devil You Know è molto ampliata rispetto al singolo, con molti più assoli di Iommi.
L'inizio della successiva "Double The Pain" vede protagonista Geezer con un basso poderoso e pulsante (veramente ottima la sua prova!), prima che entri in scena il resto della band. Altro brano piuttosto "tirato", con un chorus molto coinvolgente. L'assolo di Iommi al centro del brano è breve ma incisivo, prima di un break che riprende l'intro di basso di Geezer. Si tratta di un altro dei brani di punta dell'album.
"Rock 'n' Roll Angel" è la canzone più "ariosa" del disco. Infatti, il riffing martellante ed energico di Iommi è spezzato in fase centrale da un delizioso break di chitarra acustica. Esso accompagna il guitar solo, vero e proprio capolavoro di intensità evocativa, che poi viene abbracciato di nuovo dal riff portante. Prova brillante di Dio nei ritornelli. Il finale è affidato a un sublime impasto di chitarra acustica e classica, che si rincorrono sfumando lentamente.
Dopo la breve parentesi di leggerezza, con "The Turn Of The Screw" si torna a livelli di potenza inaudita: forse il brano più potente del disco, che sicuramente avrà una resa devastante in sede live. Ottima prova di tutti i musicisti, ma è Butler a meritare un elogio particolare, per le sue incredibili linee di basso.
Il successivo, velocissimo (per i Black Sabbath) "Eating The Cannibals" è un altro dei brani minori dell'album: ha un buon groove, ma si perde leggermente nel ritornello, che non risulta particolarmente brillante.
Ma è il momento di un altro capolavoro: tastiere di una solennità quasi sacrale e la chitarra poderosa di Iommi, accompagnata dalle rullate di Appice che imita un tamburo di guerra, aprono "Follow The Tears". Con il suo riff bassissimo e "malvagio", sorretto da una sezione ritmica quadrata, e le linee vocali di Dio che raggiungono vette altissime in termini di teatralità ed evocazione (specialmente nel "sinistro" ritornello), "Follow The Tears" riprende il doom di "Atom & Evil"; si tratta però di un brano molto più variegato rispetto all'opener, con molte più sfumature e cambi di registro.
Quasi a voler creare un contrasto tra lento e veloce, irrompe in nona posizione la rapidità di "Neverwhere", il brano più veloce dell'album. Non tra i migliori episodi del disco, ma decisamente superiore a "Eating The Cannibals" e "Fear".
Il disco si conclude, così come era iniziato, con un'altra doom song, "Breaking Into Heaven", che riprende il filone di "Atom & Evil". Riff possenti e sezione ritmica pesante e statica, tranne che per la bella progressione ritmica che accompagna il solo di Iommi. Strepitose le linee vocali di Ronnie, che nelle strofe raggiunge il vertice per espressività e carisma, mentre risulta meno brillante il chorus. Comunque un ottimo brano, e degna conclusione di The Devil You Know.
Che si può dire, in definitiva di questo album? Prima di tutto che il sound, pur essendo straordinariamente attuale, affonda in profondità le sue radici nella passata esperienza dei Black Sabbath: a livello di sonorità, si potrebbe parlare di un connubio tra Mob Rules e Dehumanizer (quest'ultimo soprattutto per la linea vocale aggressiva scelta da Dio), il tutto riletto in chiave più attuale. Appice predilige linee di batteria piuttosto semplici e immediate, lasciando la parola soprattutto alla chitarra di Iommi e al basso di Butler, su cui si fonda e si è sempre fondato il suono dei Black Sabbath, molto più che sulle percussioni. Il risultato è un album oscuro, pesante, doomy e straordinariamente massiccio, con pochi spazi ariosi, e con composizioni prevalentemente lineari e forma-canzone. Un disco non facile da digerire, ma che sicuramente sarà necessario ascoltare più volte per coglierne tutte le sfaccettature. Insomma, un album che crescerà probabilmente di ascolto in ascolto.
Infine, due parole di meritatissima lode vanno alla prova dei musicisti: formidabile! Gli Heaven & Hell (alias Black Sabbath) ribadiscono di avere ancora molto da dire, e molto da insegnare alle nuove generazioni di musicisti. Fa una strana impressione pensare che Tony Iommi, distinto e sobrio ultrasessantenne, sia ancora in grado di comporre riff così devastanti! Comunque, con quest'album i Black Sabbath hanno dimostrato che sono ancora loro i maestri, che il testimone non è ancora passato, e che, se volessero, sarebbero ancora loro i signori incontrastati del panorama hard 'n' heavy. Sono ancora il "diavolo che conosciamo".
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