Diciamolo pure, molto probabilmente in quel vastissimo e variopinto genere qual'è il metal, è praticamente impossibile trovare un gruppo che non sia stato influenzato dai Black Sabbath di Tony Iommi.

L'era Dio della band (brevissima e riconducibile prevalentemente allo storico capolavoro Heaven and Hell) di sicuro poco ha a che fare con i Sabbath della leggenda, ovvero quelli mistici e oscuri del periodo Ozzy Osbourne, questo anche perchè l'entrata dell'ex-Rainbow nel gruppo portò una ventata di novità e avanguardia che alterarono parecchio il suono dei Sabbath, non a caso Heaven and Hell (1980) risulta un'ideale spaccato sul punto di partenza e allo stesso tempo punto di arrivo della scena heavy metal mondiale del periodo, che negli anni '80 (nel bene e nel male) vedrà nascere fenomeni quali la NWOBHM.
 
Dopo questa parentesi storica, veniamo al presente: nel 2009 una reunion che reunion non dovrebbe essere, almeno partendo dal nome, ci riporta alla formazione dei Black Sabbath di trent'anni fa, rendendo lecito per l'ascoltatore aspettarsi di tutto.

E le sorprese non mancano di certo

Lo spettro di Heaven & Hell paradossalmente è lontano, lontanissimo: per uno scherzo del destino, questo album di "debutto" per gli Heaven & Hell risulta essere decisamente più vicino al sound tipico dei Black Sabbath che non gli stessi ultimi album, in primis proprio i 3 dell'era Dio

1. Atom and Evil: canzone d'apertura che ci da subito l'idea generale di cosa abbiamo di fronte: Questo non è un album Dio + i Black Sabbath, cambi di nomi a parte, qua ci sono proprio i Sabbath arcaici, quelli oscuri e cupi del periodo Ozzy, ma con l'apporto vocale di un fenomeno come Ronnie James Dio, che però non è una guest star, ma parte integrante della band

2. Fear: vale pressapoco il discorso della precedente, se non forse che in questa Fear si sente di più, a mio parere, il suono "alla Dio"; i riff (e il bel solo) caratteristici di Iommi non si smentiscono e restano sempre in primo piano

3. Bible Black: Questa è molto probabilmente la traccia più complessa, evocativa e in sintesi BELLA dell'album, un inizio lento e da ballad malinconica molto cupa, che poi si rivela in tutta la sua rabbia malvagia, dove la coppia Butler/Iommi tira fuori qualcosa di epicamente dannato, mentre Dio rabbioso e potente si dimostra come al solito degno del cognome che porta (intendiamoci: a gusti Ronnie è uno di quei cantanti che o si odia o si ama, ma non penso si possa discutere molto sulla sua tecnica vocale) . Riff ispirati, assolo bellissimo...vera title track dell'album e sua degna rappresentante

4. Double the Pain: è forse la più "vecchia" del cd, una canzone che sa davvero tanto di anni '70,  nulla di male se non che per i miei gusti rappresenta forse l'unica nota "fuori posto" di tutto l'album, che in media si mantiene oldschool ma non troppo

5. Rock And Roll Angel: ok, i toni sono sempre quelli Sabbatici, ma questa canzone è in tutto e per tutto di Ronnie.
Fosse stata un po' meno "pesante" non mi sarei stupito di sentirla nel recente Master of the Moon, i fan di Dio molto probabilmente la apprezzeranno molto, una bella canzone che però forse ha poco a che fare col resto dell'album; l'assolo intorno alla metà è molto anni '80 e piacevolissimo, con una conclusione davvero heavy, il finale acustico della canzone è anch'esso molto evocativo 

6. The Turn Of The Screw: questo è vero rock dai Black Sabbath che furono, ma allo stesso tempo l'ennesima grande prova vocale di Dio, forse una canzone poco incisiva tutto sommato, ma dotata di riff molto belli e piacevolissima da ascoltare senza pensare troppo

7. Eating the Cannibals: il pezzo più veloce e movimentato dell'album, probabilmente la mia preferita del cd, è questa heavy rockettara e sfrenata canzone, tenuta in piedi da riff essenziali e ripetuti all'infinito mentre Dio urla di mangiare i cannibali. Molto orecchiabile, vecchio stile, grandissimo assolo e ritmo, ritmo, ritmo!...senza però abbandonare quell'oscurità che alberga in tutte le tracce o quasi, diciamo un po' come la seconda parte della celeberrima Killing Yourself to Live

8. Follow the Tears: ecco un ideale inno funerario in puro stile Sabbath, nell'intro ci si aspetta quasi che Ozzy irrompa da un momento all'altro con la sua voce graffiante (magari in stile moderno, come in Gets me Through), invece la canzone si incupisce e arriva un Dio solenne e imperioso; peccato forse per il ritornello un po' "moscio" per il tipo di canzone, che resta comunque una delle ideali coniugazioni moderne del sound sabbath

9. Neverwhere: rieccoci negli anni '70! rock'n'roll cupo e incazzoso, ma diciamo una canzone nuova che sa di "vecchio" nel senso buono, laddove forse Double the Pain deludeva un po'. Manco a dirlo, c'è tanto tanto Dio anche qua

10. Breaking Into Heaven: si ritorna bruscamente al puro sabbatico? All'inizio sembra proprio di si, ma Dio vocalmente tira fuori forse la sua performance più "personale" di questo The Devil You Know, con questa Breaking Into Heaven si uniscono idealmente le due diverse sonorità, un gran bel modo di lasciarci, rispettando le varie identità dei musicisti, un po' come quando Dio reinterpretava i vecchi classici dell'era Ozzy senza però rinunciare al suo personale e apprezzatissimo stile

In sintesi: 

No, questo non è un capolavoro, io perlomeno non mi sento di definirlo tale, ma è forse il disco più bello del 2009 e un album potente, oscuro, al passo con i tempi ma allo stesso tempo "il diavolo che noi conosciamo": non c'è traccia di canzoni "facili" per abbordare la vecchia guardia o esperimenti senza capo ne coda per rinnovare un suono che è sempre attualissimo e che anzi viene piacevolmente riscoperto.

Lo consiglio a tutti i fan dei Black Sabbath che furono, e anche ai sostenitori del buon Ronnie (che pure forse rimarranno un po' delusi se si aspettavano un proseguo della linea ottantiana). 

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