Back to the primitive.
Gli Hella abbandonano l'idea di famiglia allargata per ritrovare un senso nel nucleo famigliare da cui sono partiti. Seim e Hill tornano al terrorismo sonoro a due, e mano nella mano ci lanciano in faccia la scatola di chiodi che è Tripper. Ed è tutto un piacere/dolore.
L'entrata vigorosa dell'opener "Headless" mi fa subito sentire l'odore di "core" in questa macchina "math", la chitarra è di uno spessore incredibile, e Zach inserisce spesso e volentieri delle fugaci sfuriate blastbeat, i poliritmi sono terrificanti e l'intreccio non disdegna la creazione di melodie, per l'appunto non troppo distanti da certi lidi core (o metal se siete di bocca buona), soprattutto sul finale, dove un riff ripetuto all'infinito supportato da decostruzioni ritmiche riporta alla "melodia" proposta in precedenza per poi perdere totalmente il controllo. Di riff granitici è costellata "Self Checkout", nella quale percepisco il sentore di una base hardcore, la chitarra si muove lenta su rullate nevrasteniche, e crea strutture di metallo fuso che si inerpica, vivo e pulsante nel disastro lasciato dall'artiglieria Hill. "Long Hair" è l'ottimo esempio di questa trasmigrazione metallica, composta da un rifferama di derivazione sludge, scuro e possente, un pezzo """quadrato""" che lascia spazio alle svisate solo in un punto ben preciso per tornare alla muscolarità dei primi minuti. "Yubacore" è una neniaintempidispari, dove chitarre bassi e e synth si fondono per portare all'esasperazione, un magma sonoro e granitico. Splendide le svisate di minimalismo noise-elettrogeno di "Kid Life Crisis" che sfocia in un giro melodico malinconico (come può essere malinconico un cyborg tirato sotto da un trattore).
Non so voi ma per me è il disco dell'estate. Mi chiedo perchè passare su MTV i Red Hot quando ci sono gli Hella.
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