Band unica gli Helloween. Sembra che si divertano a risorgere come un'araba fenice dopo flop clamorosi e momenti di profonda crisi compositiva. La loro biografia è, permettetemi il termine, un casino totale. Non riescono proprio a trovare un equilibrio sia nella line up (cfr. uscite di Hansen, Kiske, Grapow, Kush...) che nel sound. Solo così si può spiegare l'inaspettato incupimento sonoro nel controverso (e buono) "The Dark Ride" (2000) che portò la cacciata di Grapow e Kush destinazione Masterplan. Solo così si può capire un album di rock sperimentale come "Chamaleon" (1993) che decretò invece l'uscita di Kiske per un insulso progetto solista. Il suicidio del batterista Ingo Schwichtenberg, sempre nel 1993, avrebbe potuto essere letale, ma gli Helloween quando li dai per spacciati trovano la forza per risorgere. Così è capitato con "The Time Of The Oath" (1996) e "Better Than Raw" (1998) ed ora, dopo due mezze schifezze (1 stella e mezzo, massimo 2 per me) come "Rabbit Don't Come Easy" e "Keeper Of The Seven Keys III" accade con questo stupefacente "Gambling With The Devil".
Le zucche sono così: prendere o lasciare. Io non so davvero cosa aspettarmi dal loro prossimo album adesso che hanno ritrovato la retta via: probabilmente un nuovo stravolgimento della formazione per una virata verso il power-prog più insulso. Per ora godiamoci questa ultima fatica che mi ha reso estremamente felice perché nel concerto che racchiude 20 anni di power metal (Helloween + Gamma Ray a Roma e Milano il 27/28 novembre) europeo potrò cantare nuove canzoni più che dignitose, potenti, graffianti e melodiche.
Metal dinamico ed allegro richiamante "Better Than Raw" nelle linee melodiche di "Can Do It" od in quelle del singolo discreto ("As Long As I Fall") nel quale si può apprezzare un ottimo lavoro del drummer Dani Löble. Finalmente qualcosa che sappia di vero metal melodico vecchio stampo, senza ricorrere al plagio. In "Kill It Deris" si esalta invece con la sua vociona sporca per una killer track che, quasi sicuramente, aprirà con un boato delle platee di mezzo mondo gli show dal vivo. Il punto gli alto lo si raggiunge con "The Saints": una suite esemplare che racchiude l'essenza del power metal moderno per velocità, melodia, assoli oliati e break potenti come nei tempi andati e che accosteri alla ottima "The Dark Ride". Gerstner e Weikath per la prima volta infatti dimostrano di aver trovato automatismi davvero notevoli ed i solos sono incredibilmente più validi, originali e potenti di quelli dei due dischi precedenti. Crescendo irresistibile per la semplice "Final Fortune" che si incastra in testa e non se ne esce più dando dipendenza. Se una canzone easy listening e senza pretese come questa, basata su un riff elementare e strofe minimali, ti prende anche sulla distanza capisci che la band è in un buono stato di forma. Maggiormente oscura e tenebrosa "I.M.E." nella quale sguazza l'ugola Deris assieme alle distorsioni che costellano un pezzo diverso il quale spezza la scaletta con ottimo tempismo. Il finale scoppiettante è garantito dalla superba "Dreambound". Ancora una volta l'intepretazione vocale decisa di Deris convince, al pari della sezione ritmica e della potenza d'esecuzione del brano che scivola via.
Gli Helloween sono tornati proprio quando meno me lo sarei aspettato: era ora!!! Per vedere "Rabbit Don't Come Easy" e "Keeper III" dobbiamo munirci rispettivamente di binocolo ed occhiali. Produzione ottima, tecnica complessiva decisamente sopra la media (specie per la sezione ritmica) e finalmente canzoni ispirate di puro power metal, non più sterile copia carbone del passato. Tutto ciò non capitava da almeno 7 anni, per non dire 9 se prendiamo come metro di paragone "Better Than Raw". Tracklist omogenea con pezzi allegri, potenti, diretti e più studiati per dimostrare ancora una volta che se trovano le ispirazioni le zucche sono ancora tra le migliori band del genere.
3 stelle e mezza. La quarta la offro io per la bella sorpresa
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