E rieccomi, dopo un'altra lunga pausa, stavolta di quasi un anno, ho voluto ritornare su questo sito che, lo ammetto senza troppe remore, ha sempre occupato un posticino speciale nel mio cuore. Devo dire che sembra ieri quando avevo scritto la mia ultima recensione, ricordo di aver chiuso (in bellezza? Mah) con il gioiello “Extravasation” dei mitici russi Aspid, e oggi decido di ripartire quindi dal filone thrash tecnico, caotico e direi anche assurdo degli Hellwitch.
Siamo ritornati nei cari vecchi USA, East Coast, 1990, album d’esordio “Syzygial Miscreancy” (ormai sono allenato per scriverlo abbastanza velocemente). Dopo parecchi demo, che continuarono in realtà anche dopo il disco, la band capitanata dal quantomeno isterico Patrick Ranieri sforna il suo primo disco, una mazzata di sei canzoni (più un’introduzione) per soli 25 minuti e mezzo totali. L’intento, oltre ad accostare tra loro parole più complicate possibile, è evidente già dal primo ascolto: la classica introduzione lenta “The Ascent” ci porta infatti al caoticissimo solo iniziale di “Nosferatu”, dove i componenti del gruppo cominciano a dare sfoggio della loro tecnica, senza preoccuparsi di fare qualcosa di sensato. È all’incirca la stessa sensazione che si percepisce lungo tutto il corso della canzone, sfuriata di thrash misto death misto guarda-come-sono-veloce, condito dalla voce di Ranieri che urla veramente come un ossesso (persino Darren Travis ne sarebbe impressionato), che ci fa temere altre cinque canzoni totalmente uguali. In realtà qualche variazione c’è, per quanto piccola, dall’andamento più tipicamente thrash di “Viral Exogence”, una delle migliori, all’estrema “Purveyor of Fear” che chiude il disco, passando per l’ultra-tecnica “Mordirivial Dissemination”, che consta di una sezione centrale tipicamente death, ma anche di alcune soluzioni più strane, come l’accenno quasi folk verso il finale. Tutto l’album in generale scorre con facilità, peraltro prevedibile, attraversando altre tracce sospese sempre su quel mutevole e indefinito confine tra thrash e death, uniti da tecnica e velocità ben sopra le righe; l’equalizzazione, per quanto “piatta” e con la batteria un po’ ovattata, rende bene. Ma non aspettatevi di trovarci qualcosa di anche lontanamente assimilabile al progressive…
Sono stato breve stavolta, sarà che per festeggiare il mio ritorno in attività (chissà per quanto ancora) mi sono limitato, ma almeno vi concedo una piccola storia finale sulla band. “Syzygial Miscreancy” rimane per molti anni l’unico disco della band: negli anni immediatamente successivi gli Hellwitch si concentreranno semplicemente su vari e già citati demo ed EP, nei quali vi consiglio anche le canzoni “Torture Chamber” e “Fate at Pain’s End”; attraverseranno anche uno scioglimento, presumibilmente intorno al 1998; il ritorno all’opera è invece riconducibile intorno al 2004, e porterà poi al secondo, e per ora ultimo, disco della band, “Omnipotent Convocation” (2009), ben più orientato verso il death, ma sempre un buon ascolto. La nuova line-up consta, oltre che degli inossidabili Ranieri e Joe “Witch” Schnessel, anche di Craig Shattuck alle quattro corde, rimpiazzando Tommy Mouser, e di un ulteriore chitarrista, J. P. Brown; da segnalare anche l’apparizione, seppur breve, dell’onnipresente Alex Marquez (!) dietro le pelli. Lo spirito estremo degli Hellwitch è rimasto tutto sommato ancora vivo e poco nascosto a distanza di parecchio tempo, ascoltare per credere. E chissà che tra altri vent’anni non facciano un nuovo disco.
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