L'Harjedalen, una remota e scarsamente popolata regione della Svezia centrale: foreste, fiumi, laghi, chilometri e chilometri di vuoto tra una piccola comunità e l'altra, freddo, poca luce, e poi... foreste, foreste, ancora foreste... uno scenario affascinante, di una bellezza austera, plumbea, fuori dal tempo. Questa è l'ambientazione de "Il ritorno del maestro di danza", romanzo giallo del rinomato autore e attivista politico svedese Henning Mankell. I miei gusti letterari sono, se possibile, ancora più vaghi di quelli musicali: posso dire di prediligere la narrativa il generale; a parte questo, boh, ma a me piace così. Leggo quello che mi capita, quello che intriga, quello che mi regalano, come in questo caso specifico. Ma amo leggere, sto ricominciando a farlo con una buona regolarità dopo anni di calma piatta, e quando mi capita tra le mani un libro interessante e scritto bene, beh, credo proprio di poterlo capire. Da cosa? 491 pagine esaurite in meno di una settimana di solito nella mia esperienza sono un buon indicatore.

Herbert Molin è un uomo anziano, che si è ritirato in una casa isolata tra le foreste per sfuggire a "qualcosa". Solitario, insonne, pochissimi contatti con il mondo esterno, sembra apparentemente vivere in un mondo tutto suo, tormentato dalle ombre di un passato lontano e indistinto. Una notte, Herbert Molin viene brutalmente assassinato.

Stefan Lindman è un poliziotto non ancora quarantenne, che ha da poco scoperto di avere un tumore maligno. Ha paura, ovviamente, ma oltre alla paura c'è anche una sensazione di costante incertezza che lo accompagna sempre: non sa cosa vuole, come affrontare la sua situazione, il suo passato, apparentemente ordinario, fin troppo ordinario, è un punto interrogativo tanto quanto il futuro. Un giorno, sfogliando distrattamente un giornale, Stefan viene a conoscenza della morte violenta di un suo ex-collega ormai in pensione e trasferitosi altrove, Herbert Molin.

E così si dirige verso nord, ha bisogno di qualcosa che lo distragga dalla sua malattia, e lo trova in questo mistero a prima vista irrisolvibile. Si ritrova così coinvolto in una catena di eventi che lo porterà a scoprire dettagli sempre più inquietanti che riguardano non solo l'ex-collega assassinato ma qualcosa di molto più ampio, che per alcuni aspetti lo riguarda direttamente, in prima persona.

E l'incertezza lo accompagna quasi fino alla fine, più e più volte si ripromette di abbandonare quell'avventura, di tornare dalla sua compagna, che non lo abbandonerà nonostante la sua latitanza e il suo coportamento ondivago. Ma ogni volta riesce a scoprire qualcosa di nuovo, e alla fine si ritrova indistricabilmente legato a quell'indagine, in cui ufficialmente non avrebbe alcun ruolo. Dettaglio dopo dettaglio, la verità emerge lentamente, districandosi tra menzogne e depistaggi.

Henning Mankell mette in particolare risalto le descrizioni ambientali e la caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi, Stefan Lindman in primis; al contrario, le descrizioni fisiche sono generalmente vaghe e scarne, per il semplice motivo che sono un dettaglio marginale nell'economia della narrazione. Ciò che conta è creare un'atmosfera di costante tensione, l'ambientazione "crepuscolare" e i tormenti interiori del protagonista fanno la loro parte, così come uno stile di scrittura asciutto e lineare, senza alcun "barocchismo". Molti dei personaggi presenti nel libro sono anziani, a partire proprio da Herbert Molin: tra di loro ci sono molti tratti comuni, sono tutti prigionieri del proprio passato, in un modo o nell'altro, ogni loro azione è guidata da esso, ormai non possono più essere nient'altro: è il Fato omerico, in pratica, dominante e ineluttabile. Al contrario, Stefan Lindman riuscirà a sconfiggere questo fatalismo, come? Riuscendo a ricordare alcuni dettagli apparentemente insignificanti del suo passato, che sembrava quasi aver rimosso più o meno volontariamente.

Ogni capitolo si chiude con una nuova rivelazione, ogni rivelazione amplia il raggio della trama: una spirale, che si concluerà solo nell'epilogo, con l'aggiunta di un ultimo passaggio mancante. Alla fine rimane una storia affascinante, che conquista il lettore dal primo all'ultimo passaggio; "Il ritorno del maestro di danza" è un romanzo notevole, di questo ne sono sicuro. Magari regalatelo anche voi a qualcuno, è un'idea brillante, non scontata e di ottimo gusto.

Carico i commenti...  con calma