Ricordo che nel 2002 mi trovavo a Frankfurt. Stavo lavorando in un bar, quando alla radio ho sentito una canzone, per l'appunto "Mensch", che tradotto in italiano significa "Uomo" . Mi aveva colpito immediatamente, la voce polverosa del cantante, il lirismo sofferto dei versi. Non so perchè ma pensai che fosse una vecchia canzone, non riuscivo a collocarla nel tempo, imaginavo si trattasse di un brano di fine anni '70, inizio anni '80. L'ho sentita poi una seconda volta, sempre alla radio, prestando orecchio al dj che presentava il brano come singolo del nuovo album di Groenemeyer.

Chi cazzo è Gronemeyer? Mi trovavo in Germania da poco più di due anni, ma non l'avevo mai sentito nominare. Decisi dunque di chiedere ad uno dei tanti clienti del locale delucidazioni intorno a questo cantante. Venni a sapere che si trattava del più grande cantautore tedesco, una sorta di orgoglio nazionale, uno che ad ogni concerto faceva il tutto esaurito. Quella canzone mi circolava nel cervello, senza intermittenza, a me come a milioni di altre persone che si trovavano in Germania in quel periodo. Dopo il lavoro sono tornato a casa. Ho cenato: due uova un po' di prosciutto pane a fette una mela, il tutto annaffiato da una birra in lattina d'ottima fattura. Ho accesso la televisione sperando che la scarna programmazione tedesca offrisse un buon film quella sera, ma purtroppo nulla, nemmeno quella volta. Dopo due anni trascorsi in Germania cominciavo ad avere nostalgia di mediaset, delle ballerine figone, della faccia rassicurante di Mentana e del suo telegiornale. Invece niente: non c'e' niente di rassicurante nella televisione tedesca. In questi casi l'unica è MTV, un paio di canzoncine facili, video surreali che mi ricoradavano i bei tempi andati nei quali invece della birra consumavo Hashish e perfette rock-star sempre sorridenti e in forma, sebbene strafatte di coca.

Mi sono imbattuto così nel video di Groenemeyer: un uomo vestito da orso abbandona un set pubblicitario per dirigersi verso una spiaggia deserta, d'inverno. Lì sulla spiaggia costruisce un castello di sabbia con le proprie mani, per poi distruggerlo non appena finito. Più defilato, Gronemeyer stesso, che sotto una baracca di legno inscena un karaoke fantasma, dove lui è il presentatore e l'unico ad esibirsi. L'uomo vestito da orso si accorge della sua presenza, si volta, si dirige verso di lui per poi allontanarsi quasi spaventato. "Es ist ok, alles auf dem weg, es ist sonnenzeit, unbeschwert und leicht, der mensch heisst mensch, weil er vergiss weil er verdraengt, weil er schwach und stell, weil erwaermt wenn er erzaelht, weil er lacht, weil er lebt, du fehlst". Ormai conoscevo il ritornello della canzone a memoria. Il giorno dopo sarei andato nel negozio di dischi in centro a Frankfurt a comprare il mio primo album in lingua tedesca.

Un disco eccezionale. 11 brani, testi poetici, arrangiamenti curati, chitarre, basso, fiati e archi. Canzoni che sarebbero diventate assai note in Germania, come "Letzter Tag", "L'ultimo giorno", "Der weg", "La via", dedicata alla moglie scomparsa in un incidente d'auto e "Unbewohnt", "Disabitato", la descrizione amara di quel male oscuro che sembra essere la depressione. Insomma, un disco stupendo, talmente bello che l'ho portato ovunque sia poi andato.

Ho smesso di aver nostalgia di mediaset immediatamente. Sarei rimasto in Germania altri 4 anni, prima dell'uscita di "12", il suo ultimo album.

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