Herbert Pagani, artista poliedrico e cosmopolita, cresciuto in Italia, ebbe i maggiori riconoscimenti come cantautore in Francia nei primi anni '70, grazie a una forma molto originale di teatro-canzone, che combinava la musica con la pittura e con il cinema; su disco, le canzoni vengono proposte senza soluzione di continuità, unite tra loro da parti recitate, frammenti di conversazioni, di trasmissioni radiotelevisive, finti jingles pubblicitari, con ampio ricorso a effetti sonori. L'esempio più ambizioso e più compiuto di questa espressione artistica è il concept-album Mégalopolis, realizzato nel 1972, ispirato a un saggio di Roberto Vacca (Medioevo prossimo venturo), che metteva in guardia dall'eccesso di fiducia nella tecnologia.
Mégalopolis è ambientato in un'ipotetica Parigi di fine millennio, capitale di un'Europa Unita totalmente cementificata e popolata da una massa di consumatori acritici, confinati in grattacieli e costretti a respirare dalle maschere a gas. Una minoranza combatte una "resistenza pacifica", coltivando piante, allevando animali e insegnando ai figli a vivere "d'amore e di ossigeno".
Quando Mégalopolis collasserà, paralizzata da una catena di guasti, sarà proprio questa minoranza a sopravvivere e a ricostruire il pianeta su basi più rispettose della natura.
Da un punto di vista musicale e interpretativo, Pagani deve molto a Jacques Brel e Gilbert Bécaud, mentre, per il piglio ironico, l'eclettismo e l'ardita ricchezza linguistica dei testi, può essere accostato a Serge Gainsbourg. In Mégalopolis la tradizionale chanson française si contamina col rock e il progressive per merito di Ivan Graziani, alla sua prima collaborazione importante, coautore di sei brani.
Diversi i brani degni di nota: Discours PDG des USA d'Europe è un discorso presidenziale interrotto da jingles pubblicitari; L'Arche de Noë (uno dei temi principali del disco), Serenade, Deux sous la douche, e Chez nous esprimono l'esigenza di un mondo a misura d'uomo e di non soffocare la propria umanità; Radio Taxi si fa notare per l'ottimo lavoro chitarristico di Graziani, che firma anche le folli marcette Soldats! (pezzo antimilitarista) e Les tapis roulants (satira del consumismo e della dipendenza dalla tecnologia); Ni Marx-Ni Jésus esprime la fiducia nelle future generazioni, mentre la suite Mégapocalypse, con i suoi repentini cambi di ritmo, bene dipinge la disgregazione di Mégalopolis e il panico che ne consegue, fino alla rigenerazione, celebrata nella solenne Le printemps d'après la fin du monde (ripetuta due volte).
Malgrado qualche lungaggine (la ripetizione del brano finale e Le P.A.P.E., pezzo che sembra slegato dal contesto generale del disco) e qualche brano debole (la stucchevole Vole la colombe), Mégalopolis è il lavoro più significativo di Herbert Pagani; a distanza di 40 anni, alcuni temi trattati restano attuali e molte canzoni (grazie a una levità che non scade mai nella superficialità e che permette a Pagani di evitare toni apocalittici e moralistici) offrono, con garbo, molti spunti di riflessione.
Carico i commenti... con calma