Sin da quando, nel 1962 con "Takin' Off", Herbie Hancock esordì sul mercato discografico, dimostrò che dalla sua aveva non solo capacità tecnico/compositive di prim'ordine, ma anche e soprattutto una grande voglia di sperimentare al fine di allargare i propri orizzonti musicali verso territori "poco conosciuti": molto spesso questa ricerca di novità ha portato il pianista americano a comporre dei veri e propri capolavori, riconosciuti come tali sia dal pubblico che dalla critica, ma in altri casi, molto più di rado, il risultato che veniva fuori da questa voglia di sperimentazione non è stato dei migliori.
In quest'ultima categoria rientra, ahimè, "Future Shock", disco datato 1983 nel quale sembra che Hancock abbia dimenticato di essere innanzi tutto un pianista jazz: il lavoro si muove infatti su coordinate che spaziano dal hip hop sino alla musica elettronica, presentando anche alcuni passaggi che sanno tanto di dance anni '70 e lasciando al jazz un posto più marginale. "Future Shock" naturalmente, conosce al suo interno anche dei rari momenti felici: impossibile non citare tra questi "Earth Beat", che si snoda su un misto di sonorità orientaleggianti, elettroniche e rap, ma risulta essere altresì interessante "TFS", all'interno della quale convergono elementi fusion accanto ai quali trova il suo spazio l'onnipresente base elettronica; d'altra parte troviamo invece canzoni quali la megahit "Rockit" (un misto di rap e qualche cos'altro di non molto denifinito) o anche la ripetitiva e statica "Rough", davvero poco convincenti e che sfigurano nettamente qualora venissero confrontate con la produzione passata di Herbie.
Tirando le somme, ciò che realmente non convince in quest'album è la costante e forzata unione di generi diametralmente opposti tra loro e che non sembrano proprio appartenere alla formazione musicale dello stesso Hancock; ad inficiare in maniera ancora più marcata è anche la confusione stilistica e compositiva che rende l'ascolto del disco davvero poco piacevole. Nonostante il risultato finale sia un po' quello che è, si riescono però anche a trovare alcuni elementi positivi, oltre infatti alla già citata presenza di pezzi quali "Earth Beat" e "Rough", si fanno notare anche la pulizia di suoni e una qualità di registrazione davvero superiori, oltre che ad un pizzico groove che di tanto in tanto esce fuori.
Per questa volta la sufficienza non semba esser stata raggiunta, ma "Future Shock" è solo una lieve caduta di stile in una carriera, come quella di Herbie, costellata per lo più da grandi ed indimenticabili successi.
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