Abbrutimento? E sia.
A volte è giusto ed umano reclamare il rispetto del Diritto Inalienabile del Maschio Medio. Il Diritto sommo, generale, unificante e coeso alla Repellenza. Il soggetto attivo/passivo di questo diritto non può essere descritto in maniera univoca. L'età varia dai 18 anni (liberazione mediante patente) ai 65 (quando il minimo accenno di tosse da Toscanello alla Grappa provoca minzione incontrollata e perdite salivari a distanze inumane). Lo stato sociale varia da quello di "celibe" (in tal caso si esercita il Diritto summenzionato per sfuggire alla cronica mancanza di gnocca ed alla conseguente follia degradante tuffandosi in un mondo orrido e bisunto come un kebab) a quello di "sentimentalmente occupato" (il soggetto si abbrutisce per dimenticare obblighi, oneri, doveri conseguenti al consumo sporadico di passera). La professione varia di soggetto in soggetto. Nei casi a me più vicini le attività lavorative più rappresentate sono: disoccupato, giardiniere a ore, alcolizzato, musicista semi-professionista pezzente, mantenuto, disoccupato-bis, orticultore di sussistenza, onanista, volantinatore, pianta fotosintetica.
Altezza e peso possono variare da 1,70 m per 60 kg a 1,95 m per 125 kg.
Il 19 ottobre 2009 accadde l'imponderabile. Herman Medrano, stella indiscussa del Rap in lingua veneta sarebbe salito fino a Valrovina (VI) per l'annuale Sagra del Maron.
L'occasione per rivelare al mondo che Zappa non mentiva. Che al mondo ci sono più brutti figli di puttana come noi che fighetti come voi. Un raduno di decine e decine di persone accomunate dal nobile scopo di nutrirsi di marroni, vino, polenta e bestemmiosi vapori di sagra.
Come mi vesto per assistere al grande Medrano? Le variabili sono molte, ma tutte facilmente prevedibili. Altezza di Valrovina? Solo 149 m s.l.m. Circondata però da colline di media altezza. Epoca: Ottobre inoltrato. Temperatura prevista grazie alle precendenti informazioni: gelida. Presenza di donzelle: probabile. Possibilità di successo: praticamente nulle.
Dunque, ecco il mio abbigliamento. Finisco di lavorare alle 18.30. Sosta alla stazione di servizio lungo la SS 47 per ricaricare il furgone di benzina e il ventre di Cabernet. Alle 19 sono a casa. Tuta da lavoro bisunta di resina, scarponi ricoperti di fango, cappotto verde con toppe ai gomiti aggiunte dalla mamma. Cappello di paglia della Mangimi Veronesi, Alimenti Zootecnici. Scendo dal furgone, saluto il capo. Mi tolgo tutto, indosso le mutande lunghe, rimetto tutto. Lascio a malincuore la mannaia, per quanto alla Sagra del Maron possa essere utile.
Via, in Panda, a caricare altri reduci lungo la strada, amici fedeli che non starebbero male in un disegno di Pazienza se fosse stato allievo di Bosch.
Valrovina ci accoglie come una puttana, sotto la luce di stelle speranzose, nel silenzio e in una lieve mestizia che sprigionano da un paese che ha conosciuto case di pietra e campi di tabacco e ora riposa nelle paraboliche e nel cemento.
Ma noi non siamo mesti nella fredda notte, e anche se lo fossimo siamo accompagnati da vino e sigarette che scacciano un futuro strano e pauroso e la solitudine di un letto senza compagnia al nostro rientrare.
Luce accecante dei fari. Gente spostata, giovani come noi, cagnacci al seguito. E vino, tanto vino nella spianata di cemento dove tra poco comparirà Herman Medrano, al secolo Ermanno Menegazzo, il più grande rapper del mondo. Ci guardiamo attorno, compriamo un chilo di marroni ustionanti e bicchieri di vino a ripetizione. Al primo un sorriso alla ragazza che serve da bere, al secondo un saluto, al terzo una battuta lasciata andare sotto la barba di una settimana. Al decimo partono i primi canti nell'attesa, bestemmie, saluti con qualche conoscente e anche con chi non si conosce. Grandi fuochi sono accesi in fondo alla notte, mi sembrano fornaci dove scottarsi per dimenticare il gelo.
E finalmente, tra invocazioni ad un Dio suino ed elargizioni di Rabosello e sigarette, cessa il suonare del fisarmonicista solitario dalle mille basi e compare Lui. Di bassa statura, con capelli grotteschi e maglietta dei Cabernet Boys, Herman, solo sul palco come esige la tradizione delle sagre, ci dona tutti i suoi più grandi successi: "Poca Broca", che provoca ondeggiamenti e feriti nella massa degli spettatori, esaltati oltre misura dall'epico e sincero ritornello (Poca poca poca poca poca poca broca/ Poca poca poca poca poca poca gnoca/Poca poca broca/Poca poca gnoca/Poca poca broca/Poca poca gnoca!). "El salto dea Cuaia" è la narrazione di un viaggio allucinato nelle discoteche venete, regno violento e dantesco simile al cesso chimico in cui mi inserisco. Le parole di Medrano mi tornano in mente, come quelle di un profeta apocalittico: "Baemo al centro, ma un umido e un sofego, spusa da salvadego, cadavaro e rumatego". Ma io non tremo, no, io entro e mi abbrutisco, estraggo il membro e piscio, fragoroso come e più della cascata del Silan.
Herman, grande arringatore di folle, prosegue con altri pezzi immensi: "Copate col Majo" e "Generassione decespulliatore" sono solo due grandi brani tra i tanti.
Per me l'apice viene raggiunto con quella che farei fatica a definire solo come "canzone". Quel pezzo che mi ha accompagnato mentre tornavo da nord in solitudine e, giunto in pianura, scoprivo che la ragazza di cui ero innamorato stava con un altro. Quel pezzo che era nelle mie orecchie mentre bevevo una birra con mio fratello, pescando al tramonto. Quel pezzo che tutti mettono alle feste quando il primo idiota vomita sulle scale. Quel pezzo che ci ispira quando, di notte, tornando a casa, incrociamo il Lupo- panini e bibite- e, gonfi di fame, cerchiamo laidi lipidi a buon mercato.
"El panin ludro", somma delle somme, geniale inno al lerciume, nutrimento essenziale per le serate lontane, collante sociale, inno dei resistenti al fighettismo imperante, crassa deprecazione, vita aldilà del corpo, fautore di una defecazione irregolare e potente, dio dell'abbrutimento, sporcizia delle sporcizie, eterna litania di godimento, terrore di ogni tedio: "El panin ludro".
"EL PANIN LUDRO, UHO HO HO!
CO DENTRO DE TUTO, UHO HO HO!
FRITO SOL BURO, UHO HO HO!
COL GRASSO E COL STRUTO, UAAAAH"
Tutto ha una fine. Persino un concerto di Herman Medrano. Persino la Sagra del Maron.
Ma ai piccoli, grandi e miserabili mali che ci trasciniamo dietro spesso non è concesso avere una fine prima della morte. E allora non ci resta che un tranquillo sorriso, una testa alta nella notte e una risata fiera. ‘Ndemo vanti, e torniamo a casa che l'alba è vicina.
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