Chi conosce, anche settorialmente, l'opera, la poetica e la narrazione di Hermann Hesse, uno degli autori più quotati dello scorso secolo nonché Premio Nobel per la Letteratura nel '46, saprà certamente riconoscere l'imprescindibile influsso dell'esoterismo, dell'ascetismo orientali nonché corposi richiami alla religione e alla filosofia indù. Questi influssi, perno inestricabile dell'autore, hanno forgiato un capolavoro qual è Siddharta e contribuito altresì a modellare metà dell'esoscheletro letterario di quello che potrebbe essere assunto a capolavoro dell'ultimo decadentismo europeo, Il Lupo della Steppa. A metà strada fra la ricerca dell'alternativa morale, spirituale e poetica nelle sacre acquue del Gange e l'orrore verso il baratro dell'Europa totalitarista e guerrafondaia, Hesse va benissimo a braccetto con illustri colleghi propugnatori del Decadentismo flirtante il premiato crogiuolo Nietzsche-Freud-psicanalisi-modernismo-uomo/inetto, tuttavia è in grado di discostarsi - pur senza grossi scossono - dalla perfetta ortodossia di tale corpus phylosophicum, rifuggendo dal Vecchio Continente in modo originale e con uno speciale strumento di disincanto.
Come già specificato, il magnifico contributo di Hesse alla letteratura novecentesca è in buona parte colmato dal duopolio Siddharta e Lupo della Steppa: il primo rappresenta l'apice dell'abbondante riflessione mistico-spirituale in terra indiana, il secondo ne è una traslazione, seppure a metà, all'interno della decadente desolazione del contesto europeo, una sorta di spettrale smarrimento per le torbide e cupe vie del Ventennio totalitario in attesa dell'apocalisse dell'ultimo conflitto mondiale. Demian, uscito nel 1919, alcuni anni addietro alla pubblicazione delle summe hessiane, è inquadrabile dentro un ibrido limbo nel quale il compimento dell'ascesi spirituale di Siddharta e la nemesi storico-decadente di Steppenwolf intersecano strategicamente le rispettive anticipazioni, forgiando un gustoso prequel dei ricchissimi anni Venti. Nel romanzo, infatti, il lettore scorgerà sia i tentativi di una sacra elevazione, sia il sentore del buio e della tempesta profusi dalla mortale prosaicità dell'Uomo-Lupo.
Demian introduce le vicende di Emil Sinclair, figlio della media borghesia tedesca che già in tenera età percepisce i germi del Male di Vivere, nonché una discreta alienazione dal ferreo rigore e dalla gelida disciplina dei suoi tempi, riuscendo tuttavia a mantenere un atteggiamento conforme ai dettami e alle regole. Il suo temperamento precocemente inquieto non può che palesarsi quando, spinto dalle minacce e dalle macchinazione del perfido compagno Franz Kromer, è costretto ad abbandonare, seppur non totalmente, i valori borghesi orientati ad un plasticoso e ammaliatore buonismo di massa. Il provvidenziale arrivo di Max Demian, il misterioso ragazzo "con il marchio", metterà fine al tormento imposto da Kromer, ma sconvolgerà per sempre la vita di Sinclair il quale, trascorsi gli anni turbolenti dell'adolescenza e intrapreso l'oneroso cammino dell'età adulta all'Università, comprenderà la propria diversità dall'indistinto calderone degli Uomini Medi(ocri). Demian, sorta di semidio disceso nella putrida palude dell'umanità abietta e non redenta, troverà nel giovane turbolento Sinclair il portatore di quel "marchio" atto a disgnare una vera e propria setta di Ubermenschen alienati dallo squallore e immersi nella divina aura della perfetta spiritualità.
Benché meno conosciuto rispetto a Siddharta e al Lupo della Steppa, Demian traccia tuttavia l'orbita strategia di collegamento fra i due capolavori e ne rappresenta il sunto più efficace. Demian è comunque molto più di una pre-appendice ai due successivi romanzi: l'opera è un autentico calderone in cui tutte le fedi, tutte le religioni, tutto il bagaglio spirituale-mistico delle maggiori confessioni mondiali viene palesato, confrontato, illustrato e magari confutato. Al dominio occidentale del Cristianesimo in tutte le sue declinazioni si affiancano le dottrine orientali e il patrimonio indù in un denominatore comune che racchiude i segreti ascetico-mistici delle varie credenze, addirittura risalenti al periodo greco-classico, al paganesimo e alle antiche sette. Con la voce di Demian, l'esegeta mandato dal Divino a svelare i misteri dell'Altro ai possessori del marchio - e quindi a Sinclair, tutta l'enciclopedia del Sacro si riunisce appositamente per plasmare l'idea di un Dio che è anche Diavolo, ideale metafora del conflitto interiore dell'anticonformismo borghese. A mo' di dialettica Ying-Yang (forse un po' inflazionata dalle mode new-age contemporanee), Sinclair riconosce in sé la dualità fra male e bene, chiaro e scuro, buono e cattivo, bianco e nero, luce e buio, giorno e notte, in un movimentato ma leggiadro turbinio di coscienza e conoscienza, carne e spirito, materia e morale. Demian, cui il lettore potrà intravedere il Dio incarnato, il Cristo ritornato, il Figlio venuto in Terra per la seconda volta, non è altro che il messo quasi angelico di questo Dio-Diavolo propugnatore della setta dei "marchiati". Inutile, poi, rimarcare lo squallore della società europea, della massa dei non degni del marchio, pronti alla Guerra Totale, allo scontro e alla morte, al predominio del lato diabolico del Divino.
Molto più che una blanda opera di caratura inferiore, Demian è un romanzo completo, ricco, denso, profondo e intenso, un ottimo sunto dell'opera di Hesse, magari pregustando la successiva lettura dei due capolavori, un lavoro per assaporare il dolce del Sommo terminati l'amaro e l'aspro del Buio.
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