Indovina indovinello...
Ce l'hai avuto in mano e non sei diventato cieco, ce l'hai avuto sopra il letto e non era il poster di Paola Barale, ce l'hai avuto addosso e non era un herpes. Che cos'è? Come dite? La tessera onoraria della Fiera Agricola di Verona? Ma per piacere...
Sto parlando di ''Sleep's Holy Mountain'' (e tu che leggi, se stai cadendo dalle nuvole, vergognati, corri a comprarlo da Mediaworld che lo trovi a 9.90, vergognati di nuovo e poi sparisci dalla faccia della Terra), pilastro mastodontico ed inarrivabile di magniloquentia stoner/doom. Sto parlando di ''quell'affare tondo'' che da pischelletto mettevi, ipnotizzato e quasi inconsapevole, nello stereo sulla mensolina in alto a destra della camera, appena prima che quella rompimarones di tua mamma venisse ad urlarti di abbassare il volume chiedendo se ti drogavi.
Probabile che non ve ne freghi un cappero ma Matt Pike è sempre stato il mio Sleep preferito. Spiace per Cisneros ma è così. La sua esistenza da puzzarolo lungocrinito sbattuta a metà tra la convinzione di essere il nuovo messia (o il nuovo Iommi che poi è la stessa cosa) e l'incrollabile fermezza a trovarne di ogni per non farsi una doccia anche nel mese di agosto, è stata un tassello indelebile della mia adolescenza. Ancor più di ''Mtv on the Beach'' per capirci. Gli High on Fire, sua personalissima creatura del nuovo millennio, hanno rappresentato una gustosa (ancorchè palliativa) appendice a quell'incredibile lustro (e conseguente vuoto) dei novanta che ci ha lasciato in eredità pure le contemplazioni meditative di casa OM. ''The Art of Self Defense'' e ''Surrounded By Thieves'' sono dischi da scoreggina in vasca da bagno: tanto innocui e sollazzanti da principio quanto debordanti e molesti allorchè la loro essenza viene a galla. Disconi.
Il cammino dei nostri, già con ''Death Is The Communion'' un filetto urticante nel suo voler prender spunto da tutto l'universo medallino conosciuto, con ''Snakes For The Divine'' era divenuto più sconfortante di quanto avessi potuto immaginare: ecco l'approdo definitivo al ''non-più-solo-stoner'' per un album che era un po' come come ordinare il peggior vino della casa ad una cena a base di aragoste ed ostriche: lì per lì ci pasteggi pure ma i dolori addominali e la secchezza delle fauci la mattina successiva ti presentano inesorabilmente il conto. Da figli di un Sabbath minore a spasimanti della Vergine di Ferro in salsa Lemmy il passo è stato breve; per molti un toccasana ma per me che uso intossicarmi ancor'oggi con il giro iniziale di ''From Beyond'' non è stato proprio così. Orgoglio e frustrazione. Ma ho imparato a non portar rancore e, in questi due anni, riconosco pure di averlo in parte riconsiderato (come i vini della casa ai ristoranti, del resto, seppur solo per meri motivi di pecunia). Insomma: la loro musica era cambiata ed alla fine ero io che dovevo farmene una ragione.
Sarà per questo mio autoconvincimento, sarà perchè coi soldi dello stipendio ormai non ci arrivo neanche alla fine della prima settimana (e quindi niente ostriche ed aragoste) o forse sarà per l'accumulo esagerato di zuccheri post-Uovo di Pasqua ma il nuovo album mi sta garbando abbestia.
Con ''De Vermis Mysteriis'', graveolente concept ispirato alle tenebrose avventure del fratello gemello di Gesù (toh... guarda caso...) morto alla nascita e in seguito risorto come viaggiatore del tempo, gli HoF sono riusciti tirar fuori il meglio dalla loro ormai consolidata ''arte d'autodifesa''. Complice il riconoscibilissimo flavour di Kurt Ballou (che diventa magnetismo puro nella strumentale ''Samsara''), Matt e compagnia dispensano, con la giusta dose di sporcizia, heavy metal, stoner e post-core, spazzando via definitivamente tutti gli imbarazzi recenti ed approdando ad una versione più riformista di violenza e sostanza, senza troppe ambizioni di forma. Misurarsi con ''Fertile Green'', pregna di chitarre a metà tra i Candlemass e i Crimson Glory suonate alla velocità degli Entombed, infatuarsi di ''Bloody Knuckles'' (ovvero i Black Sabbath fatti a fettine dallo strapotere dei Converge), farsi soffocare dalla monolitica acidità del riff-work di ''Madness Of An Architect'' diventerà il vostro pane quotidiano, o meglio, il vostro Corpo di Cristo, prima che i fragorosi patters lombardiani di ''Spiritual Rites'' e l'epicità maligna di ''King of Days'' vi purifichino da tutti i mali e vi facciano render grazie al signore nostro Pike.
E chissà se tra una ventina d'anni non lo troveremo a 9.90 da Mediaword...
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