"L'Amore e la Morte sono le sole cose belle del mondo, e le sole, solissime, degne di essere desiderate"
Giacomo Leopardi
Amo pensare a quest'opera come ad una splendida rosa nera.
Ogni singola canzone è un petalo che esprime un'emozione diversa, sempre addolcita da un dolore lontano, malinconico. La voce di Ville si snoda sinuosamente come profumo dalla corolla fragile, perdendosi in sonorità armoniose e tristi al contempo...
"Your Sweet 666" è melodiosamente disperata, disegnante arabeschi di nostalgia che viaggiano sulle note di una tastiera e un basso in perfetta, cupa simbiosi, arricchiti da cori spasimanti, lievi. Un inizio intenso, gotico e dark nel senso più sublime del termine, che lega splendidamente con la traccia successiva.
"Poison Girl" offre una chitarra soffice, che accompagna degli inserimenti vocali profondi e sofferti. Nel ritornello Ville canta quasi sottovoce, per non disturbare il pregiato fraseggio strumentale, impreziosito da inserimenti corali quasi impercettibili.
Ed ora lasciate che i vostri occhi si chiudano, che la luce intorno a voi sfumi in un crepuscolo cinereo e silenzioso.
Sei note di tastiera. Gelide. Bellissime. "Join Me In Death".
La voce addolorata scivola su una strofa semplice ed emotiva come una goccia di rugiada sui neri petali vellutati. Il basso compare delicatamente, scandendo il cantato che si fa pulsante, carico di aspettativa... la batteria infrange in modo melodioso introducendo il ritornello, magnificamente struggente, in cui falsetto e coro s'intrecciano portando un debole profumo di lacrime. La seconda strofa, deliberatamente breve, riprende la prima, incorniciando lo stesso magnifico ritornello, ma questa volta segue un duetto tra una voce profonda, disillusa, e una tastiera fredda e argentina. Ancora un impeccabile inserimento corale che risponde in modo appassionato a Ville, il quale a sua volta spezza preziosamente. Il ritornello si spegne su tre note di cui l'ultima esita, vibra, estinguendosi in un silenzio gelido.
Ma, è noto, ogni rosa ha le sue spine, ed ecco allora "Right Here In My Arms", veloce, criptica, difficilmente comprensibile, rabbiosamente dark. Forse un po' stridente in un simile ambito, ma bella proprio per questo.
"Bury Me Deep Inside Your Heart" inizia con un arpeggio distante, coperto da una batteria che però si spegne immediatamente, cedendo il posto ad una voce lieve, singhiozzante. Il ritornello è semplicissimo ma di notevole bellezza. La sesta traccia è una cover: "Wicked Game". Forse migliore dell'originale. "I Love You" è invece una canzone singolare, che sconfina nel dark punk senza però perdere le tinte che solo gli His Infernal Majesty sanno dare.
Proprio quelle tinte assumono il colore sbiadito e pallido del ricordo nella meravigliosa "Gone With The Sin". La voce apre senza alcun accompagnamento, esibendosi in profondità stupefacenti. Introdotta da Ville, la batteria inizia un drumming lento, accompagnato da un coro particolare, nostalgico, sognante, psichedelico. Il cantato si fa più morbido, sensuale, in una strofa monotona, quasi ossessiva, comunque incantevole. Ancora il ritornello, strutturato su una melodia surreale che sfuma in modo quasi ipnotico.
Il percorso raggiunge l'ultimo punto focale in "Heaven Tonight", dal suono quasi vuoto, in cui il basso duetta con la voce impregnando l'atmosfera di un fascino decadente. Il coro, particolarmente vaporoso, impernia il ritornello sulle delicate interiezioni vocali di Ville. La tastiera si inserisce dando al tutto un tocco di freddezza e fragile staticità. Ancora il ritornello nella parte conclusiva che decade lentamente, fino a confondere il confine fra musica e silenzio.
"…so before life tears us apart, let Death bless me with you…"
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