Dopo appena due anni dal discusso e controverso "Dark Light", che per altro ha definitivamente lanciato la band sul mercato statunitense (vedasi "partnership" con Bam Margera), tornano sul mercato discografico i prolifici finnici Him, questa volta consegnandoci un album che in massima parte sconfessa la tendenza a costruire hit da classifica (in verità alquanto forzatamente) intrapresa dalla già citata precedente release.

Com'è "Venus Doom"? E' sicuramente un ritorno a sonorita più cupe ed emozionali, direi che forse può rappresentare idealmente la naturale prosecuzione dell'album "Love Metal", per intenderci, anche se, ad onor del vero, qualcosa di nuovo ed inaspettato c'è: se l'uso di base di riff sabbathiani e più in genere seventies miscelati a melodie pop è ormai marchio di fabbrica dei nostri, vi si vanno ad aggiungere terrificanti rallentamenti di chiara matrice doom e l'accostamento più immediato va addirittura a chiamare in causa i Type 0 Negative "Bloody Kisses" era, con un Ville Valo che davvero tocca note assai baritone e agghiaccianti keybords sottolineano con decisione il tutto.

L'iniziale title track ne da chiaramente esempio dopo l'accensione della consueta sigaretta da parte del singer prima della performance, come ad iniziare la sessione. In gererale "Venus Doom" appare come una song solida e convolgente nel suo refrain, che passa da una certa rudezza nel riff portante ad una serie di incursioni tastieristiche che ne impreziosiscono la rifinitura. Buon inizio. "Love in cold blood" mi sembra possa essere considerato un pezzo forte dell'album, il continuo alternarsi tra parti soft e altre molto rocking è un classico dei finnici, il guitar work, come al solito di matrice gibsoniana, sà essere essenziale quando necessario ma anche decisamente accattivante. Il chorus è di quelli che ti si installa dirrettamente in testa. Ottima song.

Eccoci arrivati al pezzo che modestamente reputo il migliore dell'intero disco, il singolo "Passion's killing floor". Grande prestazione di Valo che trasmette perfettamente il senso di morbosità della lyric, ottima anche l'intera struttura ritmica, ed ennesimo grande rallentamento in stile Peter Steele&Co, che spezza a metà la song donandone più varietà. Secondo singolo in scaletta "Kiss of dawn": inizialmente ci ho messo 4/5 ascolti per digerirla non trovandola particolarmente ispirata (fin troppo cacthy il refrain) e sinceramente a parte il bridge centrale con arpeggio stile profondo rosso che introduce il breve assolo e la parte finale molto depressive ed incalzante, merita il sei politico ma si poteva fare di piu e meglio.

"Sleepwalking past hope" è il pezzo più dark rock/doom metal dell'intero lavoro, 10 minuti di sapienti alternanze tra l'oniricità del primo e la giusta dose di rudezza del secondo, il tutto farcito con ambientazioni in chiaro stile T-O-N, passione interpretativa ed un finale quasi stoner/psicadelico. Song non facilissima da assimilare, ma qui è evidente la volontà degli Him di provare qualcosa di diverso per il loro consueto standard e quindi di rinnegare un recente passato fatto di "(un)Easy listening".

Con il duo "Dead lovers's Lane" - "Bleed well" si ritorna decisamente nel territorio di appartenenza dei nostri, songs coinvolgenti, ritmate al punto giusto, ben rifinite da keybords mai invasive od eccessive, vocals assi fascinose per cuoricini infranti, insomma il loro classico gothic/pop/metal che peraltro non viene mai a dispiacere se fatto con sincerità (quindi non certo "Dark Light"). Il duo sopracitato è intervallato dall'anomala "Song or suicide" dove il buon Valo imbraccia la chitarra folk e ci delizia per poco più di un minuto con una triste e mielosa armonia impreziosendola con profonda lascivia. Sono sicuro che molti la bolleranno come episodio autocelebrativo e un pò di maniera, ma basta preme il pulsante di skip per affrontare l'ultima song.

"Cyanide song" chiude col botto: grande ballad song, decisamente doom e pesante, ma assai coinvolgente per il riffing fascinoso, nel perfetto uso della metrica vocale che si inserisce ad hoc per far risaltare la strofa che enuncia il titolo della song stessa e lancia il sofferto assolo.

In definitiva ci troviamo di fronte ad un album maturo nel songwriting e che presenta anche una certa dose di innovazione (in riferimento a quanto già fatto dal gruppo), che cerca una via più personale per raggiungere quanti più cuori possibili, nonostante la durata media dei singoli brani non sia indifferente e che quindi rallenti un pò il processo di assimilazione del disco.

Ottima la produzione e personale l'artwork, quindi se avete già tutto degli Him (e rimpiangete i tempi di "Love Metal") questo "Venus Doom" non vi deluderà, se invece li avete conosciuti da poco, venite a scoprire il loro lato più oscuro.

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