Neanche il tempo di digerire i postumi delle festività e di metabolizzare gli ultimi dischi apprezzati di fine 2015 (Grimes e Archy Marshall su tutti) , che già il mercato discografico ricomincia freneticamente il suo circolo fin dai primi giorni del 2016.

Tra le prime uscite del 2016 da segnalare è l’esordio delle Hinds, quartetto femminile di Madrid.

Volendo mettere subito le cose in chiaro: le 4 dimostrano di conoscere in maniera alquanto approssimativa i loro rispettivi strumenti, andando anche oltre il concetto di attitudine punk e di naïveté. Un commento su youtube recita qualcosa come “it’s like progressive never happened”, ma ciò non esclude altri meriti.

“Leave Me Alone” è un’album che trasuda istintualità, semplicità, divertimento e sano cazzeggio. Un disco smaccatamente estivo, uscito chissà per quale logica discografica a gennaio. Le influenze citate ed esplicite fin dai primi secondi sono il garage dei Black Lips e l’indie-jangle pop del buon Mac DeMarco. Il sound delle 12 tracce è sostanzialmente un incrocio tra questi ultimi, con un lato pop neanche troppo celato e una registrazione che tange la bassa fedeltà. Garage-pop si direbbe.

Tuttavia il loro è un lo-fi troppo pulito e “patinato” per essere etichettabile in tal modo. Ed è un garage troppo poco rabbioso per accontentare i puristi del genere, e a ben ascoltare non lo è. Quello in questione è un disco genuinamente e ingenuamente solare e spensierato.

Gran parte dell’appeal dell’album è, infatti, dato dall’alternanza e dalle sovrapposizioni vocali tra Anna e Carlotta (entrambe anche alla chitarra), un po’ alla maniera delle Girlpool ma più sguaiate e con una pronuncia inglese che ne tradisce inevitabilmente la provenienza.

38 minuti tra chitarre a volte languide e surf (“Warts” e “Solar Gap”) e in altri casi più energiche (“Castigadas En El Granero”), riff semplici ed efficaci (“Garden”), brani che sanno catturare sin dal primo ascolto (“Bamboo” e “Chili Town”, le migliori del lotto) e altri che tentano maggiormente la carta dell’ “introspezione” (“And I Will Send Your Flowers Back”).

Con la consapevolezza dei propri limiti, senza pretese e senza inutili orpelli, le Hinds confezionano un disco d’esordio, divertente e divertito, che ne rispecchia l'approccio live (non a caso hanno suonato a festival come SXSW e Glastonbury con solo qualche singolo pubblicato) e la comprensibile urgenza espressiva.

Per chiudere con un’immagine abusata: se è innegabile che la strada da percorrere per raggiungere le loro fonti d’ispirazione sia molta, non si può non riconoscere come quella intrapresa dal gruppo sia la direzione giusta.

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