Zona Thrash; episodio II, "guarda commenti di Annihilation Principle".
Primi anni 80, il thrash è da poco diventato una moda, una potente malattia contagiosa, ma ancora in fase di maturamento ed evoluzione. Nell'84, Katon W. DePena, ragazzo di colore cresciuto nell'underground di san francisco insieme a Slayer e Metallica, "non molto apprezzato in area tematica", mette su un gruppo che durante la sua esistenza, sarebbe stato destinato a trovarsi nel cammino di band storiche, come gli Exodus, "Paul Baloff fu inserito nella line up per un beve periodo come cantante". Il progetto che ha in mente, non si fa influenzare ne dai complicati snodi melodici dei Metallica di Ride the Lightning, ne da fantasie pseudo-sataniste e brutalità che poi avrebbero in seguito dato vita al Death Metal, "Slayer di Hell Awaits"; la musica di DePena era priva di coordinate, punti di riferimento e soprattutto non era costruita sulla base di un mito, "come molte, troppe band metal pensavano allora di poter fare carriera usando quei 4 riff che appena una quindicina di anni prima usavano i Black Sabbath"; era solo tanta violenza gratuita e indipendente, silurata a piccole dosi e completamente fine a se stessa, "se il monopolio della musica thrash, negli anni 80, fosse stato affidato a band come loro, oggi probabilmente non esisterebbero ne death, ne black". Gli Hirax infatti vantano una dose molto massiccia di minimalismo all'interno della loro musica, caratteristica che da qui in poi, fare parte dell' etica di molte band metal.
Nell'85, dopo aver assoldato gli iracondi Scott Owen, Gary Monardo e John Tabares, "rispettivamente chitarra, basso e batteria", DePena decise di sperimentare su vasta scala quanto progettato fino ad allora: canzoni velocissime ed elementari, argomenti spesso scontati; tutto l'album sembra seguire, minuto dopo minuto, uno standard fisso per la costruzione di ogni brano, dalla bella "Demons-Evil Forces", fino a "Bloodbath". Da subito si nota la discreta preparazione chitarristica di Owen: la sua abilità nel ficcare quel brevissimo, cazzuto assolo anche nel brano più corto e improbabile, "Call of the Gods, Bombs of Death" ha praticamente fatto scuola. La voce nasale e spesso non congrua e fuori luogo di DePena, "anche se non particolarmente aggressiva o stonata", sovrasta tutti gli strumenti spradroneggiando in ogni brano; opera sua è forse il pezzo più brillante della sua intera carriera: la title track, "Raging Violence", è uno strano e al quanto bizzarro incrocio tra il proprio sound e Clash.
Tutte le canzoni sembrano essere comunque di uguale livello. Un buon punto di partenza, ma se ascoltato attentamente, è solo la conferma delle radici punk della band.
Carico i commenti... con calma