Vi ho già parlato due anni fa dell'esordio discografico degli Hobos, valida realtà musicale della mia Domodossola.

Sul finire del 2017 è uscito il loro secondo lavoro ed ho approfittato dell'occasione intervistando il leader, nonchè amico, Marco; una bella chiacchierata ed uno scambio di opinioni sull'album Good Road To Follow. Questo è la relazione integrale del nostro incontro.

1) Ciao Marco; ti ringrazio da subito per il tempo che hai voluto dedicare a me ed in particolare alla comunità di Debaser. Partirei subito con una tua presentazione che comprenda anche il vastissimo bagaglio musicale che ti sei costruito in ormai venticinque anni di carriera. Ti prego di ricordare soltanto le tue band più importanti, di non dilungarti troppo altrimenti l'intervista potrebbe già con questa prima domanda ritenersi conclusa per motivi di spazio!! (grasse risate da parte mia).

Ciao Lorenzo; suono e sono in giro, come dici tu, da più di 25 anni. Ho suonato in molte formazioni dai generi più disparati; tra le più importanti sicuramente i Fuzz Fuzz Machine e i Cowboys From Hell. A livello di ascolti sono veramente onnivoro: passo periodi ad ascoltare Elettronica, Country, passando per il Pop più radiofonico il Metal o il Bluegrass. Non mi sono mai posto limiti.

2) E' il vostro secondo lavoro che segue l'altrettanto positivo esordio di due anni fa. Diciamo che questa volta ero preparato al suono degli Hobos, dopo l'enorme sorpresa avuta nell'ascolto del precedente disco. Un sound, quello di "Not a Safe Place", del tutto inaspettato tenendo conto dei tuoi trascorsi "metallici". Ci vuoi raccontare la genesi di "Good Road to Follow" che ho trovato molto più curato e soprattutto vario come suoni, arrangiamenti e produzione? Spicca, a tal proposito, in maniera evidente l'eccellente lavoro del tuo amico e collega Michele Guaglio.

Come sempre il secondo album per una band non è semplicissimo; volevamo fare un disco senza paletti, sperimentare generi ancora non toccati nel precedente lavoro, ma cercando di mantenere uno stile nostro e riconoscibile. I'album è obbiettivamente più curato negli arrangiamenti e nella produzione; diciamo che ci siamo presi il giusto tempo necessario per la sua preparazione, non facendoci mancare appunto "chicche" come l'arrangiamento per quartetto d'archi fatto da Michele nella title track.

3) Ci conosciamo molto bene e sai che non capisco una mazza di tecnica, non distinguendo una sola nota del pentagramma; devo allora fare leva sulle sensazioni che ricavo nell'ascolto di un nuovo disco. E queste sensazioni partono già dalla copertina, dal titolo che avete scelto: il viaggio, una strada da seguire. Doveroso a questo punto chiederti gli argomenti trattati nelle canzoni, la costruzione dei singoli brani sia dal punto di vista musicale che appunto dei testi. Vi siete fatti aiutare da qualcuno di madrelingua inglese nella sempre complessa stesura?

Ti posso senza dubbio dire che il disco ha un argomento ricorrente: trovare, cercare una strada da seguire. In vari ambiti che possono essere musicali, personali, o anche a livello più globale. Per quanto riguarda i testi in inglese ci affidiamo alla nostra bassista Paola laureata in lingue; ed infatti proprio lei ha scritto due dei dieci brani dell'album.

4) Veniamo ora al nocciolo dell'intervista, ovvero ai brani presenti. Lavoro che non arriva ai quaranta minuti per dieci pezzi tutti scritti dalla band; e qui mi tocca aprire una minima nota "dolente" perchè ci avrei visto molto bene all'interno dell'album, come nell'esordio, una cover magari dei Primus. Dico Primus perchè nel secondo brano "Ugly in the Morning" mi sembra di ascoltare, con sommo piacere, una versione country-acustica dei miei personalissimi paladini. Ho anche notato nell'ascolto che mancano quasi del tutto le tue celeberrime "sviolinate" alla chitarra elettrica; ti concentri maggiormente sul variare di continuo il suono dei tuoi strumenti a sei corde. Questa sorta di allargamento dei vostri orizzonti musicale può essere dettata dal cambio di batterista? A me il drumming di Alberto mi sembra più vario rispetto al pur rispettabile lavoro dietro alle pelli di Max nel vostro esordio datato 2015. Puoi confermare la mia impressione?

All'inizio volevamo mettere una cover riarrangiata anche su questo disco; purtroppo non siamo riusciti a trovarne una in tempo. Ma ora nei live abbiamo deciso di suonare "Sailin' On" dei Bad Brains (AZZ!!!) che purtroppo ci è venuta in mente a disco finito ahahah!!! Devo dire che in effetti mi sono concentrato di più sulle canzoni e gli arrangiamente che sulle parti solistiche di chitarra in questo lavoro; sicuramente anche l'arrivo nel gruppo di Alberto e il suo diverso approccio alla batteria ha contribuito all'orientamento stilistico del disco molto più vario rispetto all'esordio.

5) Ultima domanda. Ascoltandolo ci sento tantissime influenze: dai Foo Fighters dell'inizale "Future", passando con disinvoltura alla solare ed intima "Good Road to Follow" (con tanto di ukulele che profuma di Eddie Vedder nei suoi lavori solisti). Senza dimenticare un certo Indie-College-Rock che emerge prepotente in "Superhero" cantata dalla bassista Pably: e qui mi sono balzati alla mente addirittura i folletti bostoniani Pixies. Il mio entusiasmo sale di livello in "Black Shore" e nella conclusiva "Before I disappear" quando vi lasciate andare, staccate la spina raggiungendo delicati lidi dal sapore bucolico. E compare, in particolare nell'ultimo brano, un certo lussureggiante Pop di Beatlesiana memoria; ed anche un qualcosa dei R.E.M. tanto per chiudere il cerchio. Immagino che la pensi esattamente come me!!! (ti prego non deludermi...).

Sarò rapidissimo perchè la penso come te! ahahahah! ^_^ A parte gli scherzi e le battute credo che hai centrato perfettamente il bersaglio con la tua analisi che condivido in toto.

Abbiamo terminato questa conversazione un tantino "sbilanciata" dalla mia parte; dateci un ascolto perchè è davvero un lavoro di pregevole fattura.

Ad Maiora.

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