Un altro anno si sta avviando alla conclusione ed è tempo di bilanci musicali; questo esordio degli HOBOS/// si candida come uno dei miei dischi del 2015 e non ho neppure faticato molto nel trovarli perchè il gruppo è piemontese.

Suonano in tre nella classica formazione con chitarra+voce, basso e batteria, ma sembrano in trecento da tanto vigore ed impeto che ci mettono. Disco breve che non arriva ai quaranta minuti, per dieci brani tutti firmati dal trio a parte una cover degli Alice In Chains.“Stralunato” ecco il primo termine che mi è venuto in mente nell’ascoltarlo; ed è stata una sorpresa, non aspettandomi assolutamente un suono così: country-rockabilly, che odora di Far West americano. La voce di Marco mi ha ricordato quella di Bill Steer, chitarrista dei monumentali Carcass (...il mio amato Death Metal), nel suo progetto Hard Rock Firebird.

Un crossover “genuino e campagnolo” suonato a manetta senza perdersi in inutili orpelli introduttivi: una miscela esplosiva che faccio fatica ad associare ad altri gruppi di italiana memoria. Come termine di paragone mi sono da subito venuti in mente gli Stray Cats, soprattutto nei deviati e fulminati assoli di chitarra del già citato Marco, che vanno a cozzare con il country debordante e variopinto dei Meat Puppets periodo “Forbidden Places”.

Il disco inizia in maniera deflagrante, con “This is Not a Safe Place”, brano che ha un tiro pazzesco, e che da subito detta le precise coordinate dell’album. Ulteriore pregio la sezione ritmica di Pably al basso e di Max alla batteria che si contrappone in maniera decisa ai fraseggi svitati del vocalist-chitarrista.E cosa dire della cover di “Man In The Box”: brano che mi ha fatto ridere di sano gusto, con quell’impronta stradaiola-folk-strafottente tipica di Les Claypool (canzone tra l’altro che il bassista dei Primus ha rifatto nel suo folle progetto denominato Duo De Twang).

Due sono i brani che mi sono rimasti in testa, senza per questo nulla togliere a tutte le altre canzoni: “Sometimes I Fly”, dove è sempre il country-rock a farla da padrone, che ha nel ritornello semplice e contagioso il suo pezzo forte; e soprattutto “New Me” che si apre con un arpeggio “metalloso” e liquido (e qui i miei trascorsi appunto metallici mi hanno fatto sobbalzare perché questa volta ho pensato ai maestri Van Halen), con quella virata, quasi sul finire, western-morriconiana dove ho chiuso per un attimo gli occhi e mi sono ritrovato nel bel mezzo di una sagra paesana nel Texas, con tanto di rodeo, carne alla brace e fiumi di birra.

Si arriva così molto velocemente all’ultimo brano “One of This Days” dove i ragazzi staccano la spina, andando a percorrere questa volta strade flower-pop acustiche, sognanti; con un finale leggiadro del tutto inatteso che odora di quel suono Californiano fine anni sessanta. Una chiusura difficile da immaginare dopo le sfuriate elettriche che riempiono ed abbondano in buona parte del disco.

In conclusione un lavoro che si lascia ascoltare con assoluto piacere, prodotto e suonato in maniera egregia; e parafrasando proprio il titolo del lavoro “Questo è un luogo sicuro!!!”. Bravi, bravi davvero.

Ad Maiora.

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