Con un intro dal titolo invitante come "Musica para un suicidio (primer acto)" si apre l'album simbolo di una band simbolo: "Sangre Hirviente" è il capolavoro degli Hocico, indiavolato duo messicano dedito ad un infuocato EBM senza compromessi.
I cugini Rasco Agroyam (programmi e tastiere) e Erk Aircrag (voce), il cui sangue caliente non mente, rappresentano l'espressione più rozza ed anarchica che l'EBM possa offrire. Rozzezza ed anarchia che difficilmente ritroviamo nelle opere dei colleghi europei, maggiormente freddi, misurati e metodici; rozzezza ed anarchia che, ahimé, non rinverremo nelle opere successive della band stessa, "penalizzate" da una maggiore professionalità. Ogni imperfezione, ogni sbavatura, ogni ingenuità si rivela infatti la vera forza di questo lavoro, le cui composizioni, estremamente semplici, a tratti perfino puerili, riescono a brillare per un'energia ed una rabbia difficilmente riscontrabili nel genere. Sono i difetti a fare grande questo lavoro, che se solo avesse goduto di una produzione leccata e di leziosi arrangiamenti avrebbe perso metà del fascino.
Se già di per sé nella scena EBM non abbondano geni dell'elettronica, da queste parti la caratura artistica e la preparazione tecnica sono ancora più scarse: forti di un impatto praticamente live (i suoni sono approssimativi e la produzione poco curata - cosa insolita, a dir la verità, per una band dedita all'elettronica!), i Nostri ci servono un sound scarno e ridotto all'osso: beat pestoni, controtempi micidiali, giri di tastiera da terza elementare, ambientazioni gotiche da quattro soldi e il grido da aquila sgozzata di Erk. Un'attitudine più vicina al punk più sguaiato e declamatorio che al mondo tenebroso dell'EBM. E se così descritta la pietanza non vi apparirà fra le più allettanti, state pure tranquilli che quando parte il ritmo giusto, rimanere indifferenti sarà difficile. E ce lo dimostrano pezzi come "Spit as an Offense" (aperta da un giro di tastiere che pare proprio rifarsi al celebre tema di "Tubular Bells" di Mike Oldfield), "Sucios Pensamientos" e "Where the Angels Don't Sing", un tris mozzafiato che non ci darà nemmeno il tempo di pensare a che merda stiamo ascoltando: i bassi cavalcanti e i rintocchi di una cassa implacabile ci scaraventano in un fumoso ed estatico Inferno, in un rave degli Abissi che ci vibra dentro e non lascia tregua alle nostre membra possedute come dal Demonio. La musica degli Hocico è viscerale, fisica, by-passa il cervello e arriva direttamente in quel luoghi oscuri in cui il midollo spinale si ricongiunge al buco del culo.
Come in un film dell'orrore di serie Z, dove ad uno sgozzamento segue una martellata sul ventre a cui a sua volta segue una motosega che taglia una testa, dove tutti questi ammazzamenti ci rapiscono e sconvolgono, distogliendo l'attenzione dalla sceneggiatura inesistente, dalla trama inverosimile e dalla pochezza degli attori, così la musica degli Hocico ci tramortisce senza dare adito a riflessione alcuna. A contare sono gli effettacci gore, il cambio di tempo che devasta, l'urlo che ci strina la pelle. La scontatezza delle soluzioni e l'approssimazione con cui il tutto è confezionato passano decisamente in secondo piano. Finché c'è sangue c'è attenzione, finché c'è ritmo c'è tensione.
E non a caso, i momenti di cedimento si hanno proprio laddove gli Hocico si fermano e si/ci concedono una pausa con dozzinali ed incartapecorite ambientazioni horror vecchie come il mondo stesso. E' il caso, per esempio, di "Ojos sin làcrimas", sorretta da un giro di pianoforte che più scontato non si può, ariose tastiere e un'angelica voce femminile; o di "Legion", le cui orchestrazioni claudicanti, degne di un album dei Das Ich (a cui i nostri cuginetti devono più di una intuizione), tediano non poco. E proprio dall'arte di due pazzi come i Das Ich sembra scaturire il marasma sonoro di cui stiamo trattando. Solo che qua non siamo in Germania, qua siamo in Messico, dove la polvere brucia la gola e i cactus bucano il culo. Gli Hocico non sono degli artisti, gli Hocico sono dei contenitori di odio, ci urlano la loro rabbia, le loro frustrazioni, le pessime condizioni di vita di molti loro coetanei che hanno avuto meno fortuna di loro.
Forse oggi gli Hocico si sono bevuti il cervello e sono semplicemente dei pagliacci venduti al music business, forse questa fine era inevitabile proprio per i presupposti per cui era nata la loro arte (evadere, scappare dalla merda), ma qui, nel 1999, si respira ancora aria di underground, si respira la polvere del messico che alzano i folli impasticcati, le spine dei cactus su cui i folli impasticcati cadono sfatti dalle droghe, per dimenticare i disagi di una vita che è come non si vorrebbe, e che è impossibile cambiare.
"Sangre Hirviente" non è altro che l'ennesima reincarnazione dello spirito che ha animato i vari Stooges, Sex Pistols, Suicide, Black Flag e tutte quelle sacche di disagio e disperazione giovanile che si generano e crescono all'ombra del cemento e delle ciminiere. E ci scommetto la testa che gli Hocico non saranno gli ultimi della serie!
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