Il nostro compaesano Caparezza, dice che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Niente di più vero. Il secondo album è una prova matematica, è lì che si capisce tutto… a meno che voi non suoniate nelle Hole.
Infatti non si può mai sapere cosa succede anche il giorno dopo o il giorno prima dell’uscita dell’album. In quell’aprile del ’94, mese in cui uscì “Live through this”, successero cose terribili per le Hole e per tutta la scena, destinate a segnare un’ epoca musicale. “Live through this” fu consideratoil miglior cd rock dell’anno dalla rivista “Rolling Stone” … bè, che dire dunque… la prova sembrava essere superata. Ma non fu così per le Hole. Dopo tali avvenimenti, a questo punto non era forse il secondo cd ad essere il più difficile nella loro carriera.
Dopo tali tempeste tutti le aspettavamo al varco, tutti ci chiedevamo se l’ammonimento LIVE THROUGH THIS aveva giovato, se erano riuscite a vivere oltre tutto questo. La risposta ci arrivò nel settembre del ’98, dopo 4 anni di analisi, depressione e una telefonata a Billy Corgan. Il cd inizia con un bel riff… pensi subito ad Eric… , la canzone prosegue… : “guardami, sono tutto quello che voglio essere, uno studio vivente di demonologia” e poi continua prendendosela con Hollywood e quant’altro sullo show-business… pensi subito a Courtney, ma ti accorgi che c’è qualcosa di nuovo nell’atmosfera… pensi a Billy Corgan, che ha speso più di due settimane in studio con le Hole per collaborare a questo album.
Tuttavia, nonostante la sua influenza capisci che è un cd abbastanza personale. Personale di Courtney e di tutti noi. Volevamo sapere a questo punto della storia, qualcosa da lei che c’era dentro, non solo per Kurt, ma per tutto il grunge svanito con lui. Lei, tra una canzoncina sixties-pop e una alt-rock ce lo racconta… .
Iniziò tutto con le riot grrls, bei tempi spensierati di sogni e battaglie al femminile, vedi AWFUL, nella quale però dice : “era tutto perfetto, ora è qualcosa di terribile… ” , per farti capire come tutto era un’illusione, ma ti mette in guardia perché quelle battaglie non erano infondate… : “Rubano l’anima delle ragazze come te per controllarti… ”, e chiude con disillusa speranza: “hanno comprato tutto per costruire qualcosa di nuovo, … rendilo bellissimo… ”.
Il racconto continua… HIT SO HARD, MALIBU, forse capisci che di quei lontani anni ’90, musicalmente non si può ripetere nulla, per cui tanto vale lasciare andare il grunge, sconfinando in una spensierata malinconia pop-rock, dolce che ti lascia l’amaro in bocca. Così anche BOYS ON THE RADIO o HEAVEN TONIGHT, dove la gioia è mescolata con la più profonda amarezza. La personale amarezza di Courtney. Verso Kurt, verso la società, verso la stessa scena grunge… verso chi non l’ha capita in mezzo a questo dolore, verso chi l’ha fraintesa… chi l’ha accusata.
Il racconto si fa più intenso, REASONS TO BE BEAUTIFUL, NORTHERN STAR o USE ONCE&DESTROY, completamente confessioni piene di rancore, odio e tutto sommato amore. Canzoni tristi e ironiche, piene di malinconia e forse anche piene di stanchezza. La scena è morta, l’amore è morto (“…and now i know that love is dead, you’ ve come to bury me… ” — Dying), e ammirando i fasti e le gioie del vicino passato, vedi tutto svanire, come un fiore appassito nella più bella stagione. Un po’ come dire che i sogni di gioventù sono destinati a rimanere dei sogni, ma che tristezza quando ci si sveglia. Così, questo album, uscito nel 1998, quindi in pieno periodo post, è la precisa radiografia dello stato di salute del rock, un genere che, arrivato al culmine del suo sviluppo negli anni novanta, ora invecchia e tende a svanire.
“Celebrity skin” chiude un capitolo di una storia durata tanto, che, alla fina del millennio, deve sempre più fare i conti con i resti del passato, senza purtroppo trovare vie di rinnovamento. Ciò che ne sarà del rock negli anni 2000 ce lo dirà Courtney, nel suo cd solista “America’s sweetheart” uscito nel 2004, un album pieno di ricordi, che rivendica con ironia, un posto di preminenza nella scena per gli ultimi, veri innovatori del rock.
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