Calma e sangue freddo perché qui c’è più di qualcosa da dire. Questo disco ha fatto parlare di sé anche nelle aule di tribunale, scatenando putiferi vari. Ma ha pure avuto il merito di mettere in digitale delle demo che giravano tra pochi e di far conoscere al mondo quelle che nel titolo vengono definite come le radici dei Guns N’ Roses. Proprio questo ha generato grossi casini tant’è che nel 2004, dopo il rilascio della compilation (?) in oggetto, furono Axl Rose, Slash e Duff McKagan a scagliarsi contro la label Cleopatra Records per aver utilizzato il nome della band. Il bello è che la causa la vinse l’etichetta che ha anche preso il becco di qualche quattrino. Pubblicitaria senz’altro come trovata, per un’operazione che di base è meramente e, forse, squallidamente commerciale. Tant’è che i miei sospetti di una causa organizzata a tavolino ci potrebbero anche stare. Detto questo, comunque, il cd non è vuoto ma presenta quindici tracce. Anche su questo ci sarebbe molto da dire. Di fatto le canzoni proposte in questo album sono solo cinque ma vengono tutte moltiplicate per tre visto che, insieme alle versioni originali (in extra low-fi), ci sono anche dei remix di Gilby Clarke, ex chitarrista dei ganzi e rozzi, e del batterista dei Cinderella Fred Coury che al secolo partecipò ad un tour dei GN’R. Alla produzione Chris Weber (finalmente un membro della formazione originale, il chitarrista) che con i soldi prestati dal paparino finanziò le registrazioni.
William Bailey (Axl) era un ragazzino all’epoca, proveniente dall’Indiana. Sulla sua vita si sa tutto. Consideriamo solo il fatto che nel periodo di nascita della band (1983) aveva 21 anni e che i testi su cui ha lavorato erano probabilmente frutto del lavoro di periodi adolescenziali precedenti. Non poco se si può considerare già alto il livello del songwriting (comunque in combinata con gli altri) rispetto alle produzione del genere all’epoca. Bene, Axl era reduce dai primi L.A. Guns e gli Hollywood Rose non erano un organismo monocellulare. Insieme a lui fin dall’inizio Izzy Stradlin alla chitarra con Chris Weber. A completare il gruppo Johnny Kreis alle pelli e Rick Mars prima, seguito da Andre Roxx al basso. Qualche tempo dopo, in seguito allo scioglimento e alla ricostituzione del gruppo, fece il suo ingresso sulla scena anche il mitologico Tracii Guns (alla chitarra anche in due pezzi lavorati da Gilby Clarke). L’avventura inizia a gennaio del 1984 con la registrazione in studio di alcune demo, che suonano come un variegato biglietto da visita. Non mi soffermo sui remix ma sui singoli pezzi e sul loro valore che all’epoca presentava già diverse sorprese.
Gli Hollywood Rose erano i veri e propri clochard del Sunset Strip. A parte Weber, gli altri avevano tutti provenienze differenti e la loro vita era stata già segnata da disagi di ogni genere. A mio avviso, il loro contributo nella costruzione della scena sleaze (insieme a quello della seconda metà L.A. Guns) è stato fondamentale riuscendo a dimostrare che anche partendo da zero (ovvero da un furgoncino come casa) si poteva andare nella città degli angeli e creare una band. Il loro impulso fu recepito in tutti gli States richiamando in California orde di giovani di belle speranze. Quelle di molti diventarono realtà, se si pensa ai Poison ad esempio, a quei tempi ancora implumi ragazzi di campagna. C’era lo shock rock martellante inaugurato probabilmente dai Sister a fare da battistrada. Un gruppo parasatanico, formato nel 1976, in cui militavano nientepopòdimenoche Blackie Lawless e Nikki Sixx. Da allora in poi s’era andata via via costituendo una scena californiana ancora protoglam e sicuramente ambigua. Comunque alternativa al classico, adorabile e maturassimo hard rock. Insomma, era difficile immaginare che il genere potesse prendere una decisa virata, oltretutto verso temi più seri. E invece, proprio con gli Hollywood Rose inizia a farsi strada un certo realismo. Esce fuori una sbandata che porta con sé i valori che potevano esprimere quei reietti della società. I valori di chi aveva rifiutato i valori (Axl era figlio adottivo di un predicatore). I testi iniziano a mostrare al mondo quella parte di società fino ad allora taciuta. Il marciapiede, la strada, l’esplosione dell’eroina, le gang: in una parola lo sleaze. I pentacoli vengono eliminati (per fortuna) e prende piede un’iconografia barocca ma sicuramente diversa, insieme a parole che raccontano ciò che la borghesia poteva schifare, come lato, invece, più seducente e tentatore della vita. L’esaltazione di quelle anime alla ricerca della ribalta per fame. Vera e propria fame di cibo prima e successo poi. E i nostri, come ben sappiamo, sono stati degli insaziabili. Personalmente ritengo che si tratti di un episodio straordinario per il rock, tant’è che per un certo tempo questo era diventato il rock. Una masnada di malviventi appassionati della musica era riuscita a segnare una svolta pericolosa. Una svolta a cui le major hanno dovuto piegarsi, almeno all’inizio. Poi è diventato show-biz ma nel 1983 ci voleva coraggio a produrre questa roba. Tant’è che Axl e soci lo hanno fatto da soli.
La musica. Anche i suoni, rispetto all’ondivago movimento degli spartiti di quegli anni, prendono una strada ben precisa. Gli Hollywood Rose fanno rock n’ roll pieno di sputazza, aghi, metal e punk. Qualcosa di decisamente distante anche da Too Fast For Love e Shout At The Devil dei Motley Crue, già arrivati al secondo album e ancora fautori di shock rock, pur’esso tendente allo sleaze, ma ancora rivolto allo shock rock dei Sister, poi esploso da Lawless con i WASP. Axl ha sempre puntato sull’antagonismo nei confronti di Sixx e Neil e, secondo me, anche a buon diritto. Pur essendo apparso dopo, è stato lui con l’orda Hollywood Rose / L.A. Guns, a dare vita alla scena sleaze in senso stretto. La sua voce è giovane e sembra un motosega da film splatter. Rose che squarta l’aria con le corde vocali in giovane età è qualcosa da sentire, anche solo per curiosità. Nel 1984 doveva essere un cantante con il fisico ancora non totalmente compromesso da malanni e per questo i suoi guizzi si fanno notare. Tutti gli elementi che fanno una voce, nella sua sono compatti e atomicamente tenuti insieme. Un confetto di cemento rivestito d’asfalto. La band ci da di santissima ragione, riflettendosi nella cattiveria del singer e creando cinque brani senza tregua e senza respiro regolare. Sono cinque bon bon che lasciano l’ascoltatore inquieto e di fronte ad una scelta: partecipare alla rivolta armata di corde e bacchette, oppure decidere per altro. La compattezza del metal e la furia del punk più primordiale lavorano su melodie rock n’roll di nobile stirpe, per un prodotto che di fatto è il degno apripista per il più grande disco della storia dell street rock: "Appetite For Destruction". I brani sono Killing Time, che chiarisce inequivocabilmente le idee al primo colpo, Anything Goes, rifatta anche su Appetite ma qui è in una versione più riottosa e distruttiva, Rocker, omaggio all’heavy metal tutto pelle nera e catene, Shadow Of Your Love, rock n’ roll scottante e velocissimo, Reckless Life, in una versione un po’ average ma sicuramente già avanzata e manifesto sleaze.
4 all’importanza, all’attitudine e allo stile. 0 all’idea della Cleopatra. Da avere, magari non originale. Ma da avere. Il seme della storia sleaze è questo.
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