Gli Holocaust sono come il Santo Graal: tutti lo conoscono ma nessuno lo ha visto. Le notizie riguardo la loro biografia sono scarne e spesso addirittura inesatte. Di loro sappiano che sono nati nel 1977 in Scozia; che teoricamente, con numerosi cambi di line-up, sono ancora in vita e che furono tra i primi a prendere parte alla New of British Heavy Metal. Potrebbero essere accostati a band come Diamond Head le quali, nonostante la loro indiscussa bravura, non sono riuscite ad entrare nel difficile circolo esclusivo del rock di successo. Tuttavia la loro importanza nel settore è evidente e lo dimostra il fatto che una band di indubbia fama come i Metallica, abbia riproposto i loro brani ("The Small Hours" per quanto riguarda gli Holocaust) durante la sua carriera e anche nell'album di cover "Garage Inc.". Detto questo mi accingerei ad analizzare il loro disco d'esordio, "The Nightcomers" (1981), il quale, lungi dall'essere considerato un album cardine nella storia del metal, vale comunque la pena di essere acquistato e ascoltato con la dovuta attenzione.

La più grande differenza rispetto agli altri dischi degli albori della NWOBHM è che questo si apre con un brano di puro rock'n'roll, "Smokin' Valves" (divenuto poi famoso nelle loro esibizioni live), che sembra essere uscito da un disco dei Mötley Crüe dei tempi (successivi) di "Girls, Girls, Girls". Le chitarre di John Mortimer e di Ed Dudley sono messe giustamente in evidenza sia nelle ritmiche boogie che negli assolo tipicamente rock'n'roll. Il secondo brano cambia decisamente rotta: "Death Or Glory" rientra perfettamente nel filone Heavy Metal. Purtroppo la produzione veramente di basso livello non rende giustizia alla bellezza del brano che si snoda tra riff, guitar solo e ritornelli accattivanti. Il resto dell'album alterna brani più rock'n'roll ("Come On Back") ad altri di matrice hard più classica ("Cryin' Shame") fino ad inni che ricordano i Judas Priest di "British Steel" ("Heavy Metal Mania"). Due parole a parte vanno per veri e propri gioielli quali "Mavrock" e la title-track "The Nightcomers". In questo brani risalta tutta la vena heavy della quale gli Holocaust erano saturi. Le chitarre lavorano insieme in maniera perfetta, tra ritmiche forsennate e parti solistiche notevoli; la batteria ha un suono immenso senza finire mai in secondo piano; la voce di Gary Lettice, ancora acerba devo dire, rientra adeguatamente negli standard della band, anche se, qualora fosse stata un po' più piena e potente, non avrebbe guastato. "The Nightcomers" in particolare risente dell'influsso di band come i già citati Judas Priest, Saxon e i Black Sabbath in momenti in cui il suono si fa più oscuro e introspettivo.

In poche parole gli Holocaust sono un gruppo da rivalutare. Purtroppo la loro discografia è difficilmente reperibile e frutto di produzioni sempre troppo scarse rispetto a quello che avrebbero dovuto essere. Una maggiore attenzione su questo frangente avrebbe sicuramente dato una grandissima fama a questo gruppo rimasto, ahinoi ingiustamente, nel dimenticatoio dell'Heavy Metal. Il punteggio finale di questo disco risente enormemente della produzione scadente andando a penalizzare l'eccellente lato compositivo del gruppo che, e questo lo dico con grande convinzione, possiede una forza e una potenza che non tutte le band del periodo possedevano.

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