Gran combriccola di sfigati, il contingente di kamikaze rock'n'roll che negli anni Ottanta mosse dall'Australia alla conquista del mondo, considerato che, nonostante il talento sopra la media espresso da gruppi quali Celibate Rifles, Died Pretty, Stems e tanti altri, nessuno riuscì a consolidare la propria fama al di fuori dei natii confini.
In realtà, chi veramente rischiò di assurgere al ruolo di rock star furono gli Hoodoo Gurus, tanto che ci fu un momento - tra «Blow Your Cool» e «Magnum Cum Louder», più o meno - in cui i nostri erano trasmessi con discreta frequenza sui canali video di Videomusic, epigono italiano di MTV, e su quelli audio di radio non necessariamente specializzate: alzi la mano chi non si è mai imbattuto in brani dannatamente catchy come «What's My Scene», «In The Middle Of The Land», «Come Anytime», «Another World» e soprattutto «Generation Gap» (senza dimenticare «Axegrinder»). In un mondo perfetto, pezzi del genere sarebbero stati tutti numeri uno nella chart di Top Of The Pops; ma a dispetto di Pangloss, questo non è il migliore dei mondi possibili, per cui noi bisogna continuare a coltivare il nostro giardino.
Niente male, comunque, per un gruppo che, in un vecchio flyer dato alle stampe nel tentativo di assoldare un chitarrista, citava tra le sue massime influenze Ventures, Troggs, New York Dolls, Ramones, Heartbreakers, Cramps e Fleshtones.
Ed il bello è che, pur sfiorando il Successo (quello con la esse maiuscola), i Gurus non cedettero ad alcun compromesso, mantenendo inalterata nel corso degli anni la loro formula sonora, mix di rockabilly, surf, garage, punk e pop, che per semplicità potremmo etichettare come power-pop. Forse proprio per questo non riuscirono a spiccare il volo definitivamente, ma, col senno di poi, penso sia meglio così.
E lo pensa probabilmente anche Dave Faulkner (voce e chitarra, innato gusto melodico ed anima del gruppo), visto che da qualche anno ha riesumato la gloriosa sigla, ripercorrendo le vecchie strade fatte di melodie assassine abbinate a chitarre ora sferraglianti ora canterine e ritmiche possenti, magari giusto con un briciolo di ispirazione in meno rispetto agli anni d'oro; ma saperlo di nuovo in circolazione mette comunque di buon umore, come quando si rincontra un vecchio amico dimenticato.
Datato 1984, «Stoneage Romeos» è l'album di esordio degli Hoodoo Gurus, e a mio avviso il migliore del lotto, inanellando una serie impressionante di (futuri) classici: a partire da quella «I Want You Back», che ci illude siano tornati i tempi di Flamin' Groovies, Real Kids, Nerves, Beat, Plimsouls e compagnia bella, sensazione ribadita con ancora maggior forza di lì a poco in «Tojo»; passando poi per il tribalismo crampsiano di «Leilani» (brano risalente a quando il gruppo ancora si chiamava Le Hoodoo Gurus), «Dig It Up» e «In The Echo Chamber»; imbattendosi nel pop "demenziale" e delicato di «My Girl» (canzone d'amore dedicata ad una cagnolina), quello altrettanto "demenziale" ma indurito, quasi rollingstoniano, di «I Was A Kamikaze Pilot» e quello venato di psichedelia di «Zanzibar»; fino al culmine di anfetaminici surf-punk-a-billy quali «(Let's All) Turn On», con un giro di basso da mandare a memoria, e «Death Ship», piglio à la Radio Birdman stemperato in un ritornello per cui molti sarebbero disposti ad uccidere.
E quasi senza accorgermene, le ho citate praticamente tutte, le canzoni di «Stoneage Romeos» (è rimasta fuori l'ottima «Arthur», per cui eccola qui), ma ne valeva davvero la pena.
Così come vale la pena, assolutamente, portarsi a casa almeno i primi quattro dischi dei Gurus, a partire proprio da «Stoneage Romeos» e fino a «Magnum Cum Louder», non tralasciando «Mars Needs Guitars» e «Blow Your Cool»; o almeno rimediare con un'antologia di valore, quale «Electric Soup».
PS: di «Stoneage Romeos» consiglio caldamente la ristampa in cd del 2005, inclusiva di quell'autentico, devastante capolavoro garage-punk che risponde al nome di «Be My Guru», uno dei rarissimi pezzi degli anni Ottanta in grado di rivaleggiare, per furia e selvaticità, con la produzione dei primi Lime Spiders.
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