"Presents Jackie Cane", ad opinione del sottoscritto il grande capolavoro degli Hooverphonic, è il culmine di un percorso che parte da lontano, il risultato finale di un crescendo costante di qualità e personalità nonchè un ascolto intenso ed affascinante, assolutamente perfetto per chi ama un pop raffinato e multietnico, con sensualità e vis vitalis come pilastri fondanti. Questo gruppo belga, capitanato dal polistrumentista e compositore Alex Callier, esordisce senza impressionare con l'anonimo trip-hop elettronico di "A New Stereophonic Sound Spectacular", disco che si fa ricordare più che altro per una bellissima copertina, ma con il secondo album "Blue Wonder Power Milk" e l'arrivo della duttile e carismatica frontwoman Geike Arnaert comincia a sviluppare un sound più ricco e personale, esplorando atmosfere lounge ed imprimendo al proprio sound un'impronta stilosa e moderatamente barocca. Con "Magnificent Tree" del 2000 arriva la definitiva consacrazione ed un meritato riconoscimento commerciale, grazie anche ad una hit di gran pregio come "Mad About You", ma evidentemente ad Alex callier non basta; partendo da "Jackie Cane", una delle canzoni più affascinanti di MT, dà vita a questo straripante mix di glam, operatic-pop ed elettronica, uno degli album pop più belli, visionari e sottovalutati della storia recente.

"Hooverphonic Presents Jackie Cane" è un'opera teatrale, un concept album; non vi sto a raccontare nei dettagli la sua storia, basti sapere che parla di ambizione, edonismo, fragilità, pazzia, rancore, vendetta/redenzione, e che le canzoni esplorano ad uno ad uno tutti gli aspetti di questa vicenda immaginaria dal finale tragico. Il sound è particolarmente eclettico, ricco di colpi di scena ma coerente ed in linea con la trama del concept, e richiama molto da vicino altri artisti a me particolarmente cari, penso in particolare agli ultimi Bel Canto per genere musicale ed affinità vocali, e a Marc Almond per tematiche trattate, mood ed atmosfere. Con riferimenti del genere và da sè che HPJC è un album "pomposo", amplificato, in cui ogni cosa è fatta in grande; io lo adoro anche per questo ma capisco che non a tutti possa piacere questo tipo di approccio.

Per quanto mi riguarda "Hooverphonic Presents Jackie Cane" raggiunge la perfezione: uno dei dischi più stilosi che abbia mai ascoltato, una sceneggiatura perfetta in cui nulla è lasciato al caso; drammatico ma favoloso, opulento ma elegantissimo. Nei primi frangenti dell'album sembra prevalere una sfavillante baldanza tetrale, il fascino effimero ma risplendente della celebrità; "Sometimes", con il suo incedere glamour da musical broadwayano è un'introduzione perfetta e di grande impatto, così come "Human Interest", che sembra quasi voler distogliere l'attenzione dal suo messaggio: questa perla operatic-pop introduce il leitmotiv dell'album, un conflitto che ben presto si rivelerà autodistruttivo, ma inizialmente l'ascoltatore non ci pensa, la maestosità dell'arrangiamento e la perfezione melodica rubano magistralmente la scena, la tensione emotiva e la fragilità vengono abilmente mascherate in modo da sembrare una dichiarazione di forza. Jackie Cane è una diva sull'orlo del collasso che vuole ostentare un'apparente spensieratezza e padronanza di sè stessa, danza con movenze da femme fatale sui ritmi esotici e vezzosi di "The World Is Mine", fa sfoggio di una sensualità elegante ed ovattata in canzoni stilisticamente più vicine al precedente album "Magnificent Tree", il pregevole elettro-lounge di "One" e soprattutto una sontuosa piano-ballad come "Nirvana Blue", con una Geike Arnaert veramente splendida ed un crescendo orchestrale carico di spleen.

Questa illusione di equilibrio non è destinata a durare, ed il risveglio arriva improvviso e quasi spiazzante: "Jackie Cane is going insane, who's going insane? It's Jackie Jackie Cane..." un mantra ossessivo, voce filtrata, un sitar, atmosfere stralunate e surreali; con "Jackie's Delirium" cambia tutto, cade la maschera, l'illusione va in frantumi come un bicchiere di cristallo. Non più lustrini, abiti da sera, luci colorate e sorrisi scolpiti ma fumerie d'oppio, sguardi persi nel vuoto ed un equilibrio psichico ormai compromesso. Una ballata acustica lunare e struggente, "Sad Song", la coralità imperiosa e merziale di "Day After Day" con i suoi archi mediorientali ed infine il baratro. I riverberi psichedelici di "Shampoo" e "Opium" e la lentezza indugiante e decadente di "Others Delight", un passo dopo l'altro ci si avvicina all'amaro epilogo; i testi, la musica, la voce di Geike/Jackie, tutto quanto è ammantato da un sentore di tragedia imminente.

Ed eccola infine, l'inevitabile conclusione, la murder ballad; "This last supper makes you even more beautiful, as if you were created by the master himself, 'cos you consist of imploding energy, let me save you from your unbearable hell...". "The Last Supper" è un momento è drammatico, il pianoforte scandisce un epitaffio doloroso, ma l'atmosfera è più distesa, il veleno diventa l'unica possibile cura per un'anima ormai perduta, e la melodia strappacuore di "The Kiss" mostra una Jackie Cane finalmente libera, finalmente felice, "Don't try to avoid your destiny, accept the kiss with dignity, in this embrace you'll find relief, get rid of all your grief". Un amaro lieto fine per un album meraviglioso e sorprendente, anche perchè non posso onestamente dire che gli Hooverphonic abbiano avuto un percorso artistico di altissimo livello; a parte gli ottimi "Magnificent Tree" e "No More Sweet Music" il resto è tranquillamente prescindibile, dopo l'abbandono di Geike Arnaert direi addirittura evitabile, ma questo album fa veramente storia a sè. Tutto bellissimo, un concept non certo inedito di per sè ma proposto in maniera veramente sublime, con musiche spettacolari e di gran classe, parole semplici e chiare e una voce che si adatta perfettamente a tutti gli stati emotivi esplorati; l'avesse fatto una qualche cantautrice anglosassone con la stampa a favore e gli appoggi giusti sarebbero piovuti elogi a non finire, questo è poco ma sicuro.

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