Disse Lou Reed che, se vuoi suonare in una banda di rock’n’roll, conoscere un accordo va più che bene, se poi vuoi esagerare coi virtuosismi ne devi conoscere due; se addirittura ne conosci tre, sei pronto per il quartetto di Dave Brubeck.
Oggi, tre ragazzette da Chicago quella massima di Reed la prendono come oro colato e mi regalano un album che probabilmente sarà tra i miei preferiti del 2025 – magari non IL preferito ma è un dettaglio che significa nulla – e sicuramente sarà il più sorprendente.
Le Horsegirl le conobbi circa tre anni fa, quando il loro album di debutto fu incensato manco fosse l’altare all’inizio della messa natalizia: il radioso futuro del noise pop e dello shoegaze, l’alternative e l’indie rock che non mancano mai, i Sonic Youth e i My Bloody Valentine.
Provai a salire su quel carrozzone affollato e comprai l’album: una palla terrificante, bene che vada tre ascolti e poi nei recessi più bui del mio dimenticatoio. Dal poco che ricordo – il singolone “Anti Glory” e basta – non è che sia un brutto disco, ma le sensazioni di “costruito” e “falso” che subito gli appioppai, quelle, me le ricordo alla perfezione ed è pure peggio della semplice bruttura.
Insomma, presi il biglietto ma sul carrozzone non ci salii.
Dopo tre anni, Nora, Penelope e Gigi hanno deciso di scendere da quel carrozzone, per provare a fare qualcosa che piacesse a loro più che alla casa discografica e al produttore, assumendo il rischio di suonare oggi “costruite” e “false” per gli incensatori della prima ora, come a me parvero nel 2022: per dire, nella bacheca affissa nel mio negozio di dischi preferito è già spuntato il messaggio di qualcuno profondamente deluso dalla loro svolta indie-folk.
Detto che di indie e di alt c’è molto poco – forse perché non capisco ancora che differenza ci sia tra suonare indie, suonare alt e suonare puro e semplice rock’n’roll – di folk ce ne sta anche meno, in questo “Phonetics On And On”.
Ci sta, invece, un’immagine che è riaffiorata appena ho visto il video di “Switch Over”, quella delle Slant 6 sul retro copertina di “Soda Pop Rip Off”, anche se erano tanto diverse dalle Horsegirl: però è stata una bella sensazione e un passo avanti rispetto all’esordio.
E arrivo a come suonano le Horsegirl, oggi.
Per come le sento io, suonano tanto come i Feelies, quelli di “Time For A Witness” e di quella bellissima canzone che è “Waiting”, con l’attitudine spartana fino all’estremo dei Beat Happening: i ritmi non sono altrettanto pazzi ma l’approccio delle Horsegirl ad una materia sonora tradizionale mi ricorda quelle esperienze, e giù un’altra dose massiccia di belle sensazioni. Così aprono l’album “Where’d You Go” – più Feeliesiana dei Feelies – e “Rock City” e così è fino alla fine.
E poi ci sta quella cosa insistente di “tradurre le parole in toni” come canta Nora in “Information Content”, i da-da-da-da-da-da-da-da-da-da-da-da-da e i fa-la-la-la-la-la-la e i woo-hoo-hoo-hoo-hoo-ooh che puntellano ogni canzone e che per me, da sempre e tuttora appassionato esecutore di air-guitar, sono una meraviglia, soprattutto in “2468” – valzerino sviolinato per iniziare, accelerata rock’n’roll e finale arruginito – e in quella “Switch Over” dove Lou Reed fa capolino compiaciuto dalla copertina di “Transformer”; anche perché, se si tirano in ballo i Feelies, poi è impossibile lasciare fuori Lou (e qui pure i Velvet del terzo album).
Anche se poi, per me, le cose più belle arrivano quando le Horsegirl alzano il piede dall’acceleratore ed ecco “Julie” e “Frontrunner”, giusto per ricordarmi quanto poco basta per fare una grande canzone e, proprio per questo, perché è tanto difficile; che poi “Frontrunner” mi faccia pensare ai Green Day di “Good Riddance”, magari a qualcuno farà storcere il naso e lo confermerà nella sua convinzione sulla svolta indie-folk delle ragazzette, ma io spero solo che gli arrida un successo fosse pure infinitesimale rispetto a quegli altri tre.
In finale, tiro le somme e il totale fa che mi ritrovo tra le mani un gran bel disco.
Anche questa volta ho comprato il biglietto, sono pure salito sul carrozzone, in attesa di una folla straripante.
Carico i commenti... con calma